Full text: La scultura del Quattrocento (6)

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entro tondi rappresentazioni figurate, che vi si equilibrano 
a mo’ di quelle graffite negli specchi etruschi; si volgono 
all’etrusca arcate a tutto sesto sovrapposte in due o tre 
ordini, con le testate de’ cunei sporgenti con aggetto di 
mensole; riappaiono nell’/n/erno di Dante e nel Giudizio 
Universale di Michelangelo i demoni etruschi, con i rostri 
d’aquila, i capelli irti e avvolti da serpi, gli occhi grandi e 
truci minaccianti i defunti. E quando si sta davanti alle forti 
figure dell’urna di Arnth Velimnas Aules, nella tomba dei 
Volumni, ricorrono alla mente Michelangelo e le sue statue 
della cappella medicea a Firenze. 
Figlio d’un pittore di Siena, Jacopo della Quercia si recò 
in Firenze per contrastare la palma a un pittore orafo, a 
Lorenzo Ghiberti, che nel 1402 gareggiava pure con Fran- 
cesco Valdambrina senese, Simone da Colle di Val d’ Elsa, 
Niccolò di Piero d’Arezzo, Niccolò orafo pure d’Arezzo e 
Filippo Brunellesco, per formare e gettare in bronzo la 
seconda porta del bel San Giovanni. Nè a lui, nè al Bru- 
nellesco arrise la sorte: s’incontrarono con gli altri nella 
tenzone, come paladini d’un ciclo eroico, grandi anche scon- 
fitti. E il sentimento di poter contrapporsi ai maestri fioren- 
tini soccorse Jacopo della Quercia, che, più tardi, assumendo 
di eseguire alcune statue per la loggia della Mercanzia di 
Siena, prometteva di scolpirle in modo da meritar lode 
« da que’ maestri che portan fama non bugiarda in Italia 
d’avere el magisterio e la pratica della scultura », e chiedeva 
di avere « lo pagamento d’esse immagini, che si costuma dare 
a que’ presenti maestri et famosi che ne la città di Fiorenza 
ànno lavorato et lavorano ». * 
1 Il MICALI innanzi a un monumento proveniente da Vulci: «Si crederebbe, di primo 
acchito», egli scrisse, «d’avere sotto gli occhi una pietra tombale del medioevo ». Il MILANI 
anni fa esitava a pubblicare per etrusca una testa di fanciulla nel museo Torlonia alla 
Lungara, temendo di trovarsi davanti a un’opera toscana quattrocentesca; il MARTHA 
(L’art étrusque) accenna ai rapporti ideali tra le figure del sepolcreto di Arnth Velimnas 
Aules e le statue di Michelangelo nella cappella medicea a Firenze. 
2 MILANESI, Documenti per la storia dell’arte senese, Il, sec. XV e xVI, Siena, 1854, 
pag. 157.
	        
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