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formava a Parma un’ancona d’altare' con diverse figure di
Santi, e vi applicava la invetriatura. Più tardi Niccolò dal-
l’Arca e Guido Mazzoni sapranno eternare con la stecca i
misteri religiosi.
Siena, che non era disposta naturalmente alla plastica, e
che in tutto il Trecento dette pitture, miniature, oreficerie,
ferro battuto, tessuti, intagli, smalti traslucidi; Siena signo.
rile, sfarzosa, sentì il desiderio di opere monumentali all’ap-
parire di Jacopo della Quercia. Ma questi non lasciò eredi
diretti. Il suo fido seguace, Pietro di Tommaso del Minella,
più falegname che scultore, lavorò negli stalli della Catte-
drale di Orvieto, e poi assunse di fare la cappella di San Cre-
scenzio nel Duomo, tutta a marmi, meno che in alcune
figure d’angioli e in una mezza figura, forse di Dio Padre,
nel culmine, che doveva eseguire in terracotta, * non ba-
standogli l’animo di farle pure di marmo; e alla fin fine non
mise mano neppure alla costruzione della cappella. * Gli fu
affidata la sepoltura del vescovo Carlo Bartoli, ma dati i
disegni di essa chiamò ad eseguirla Giuliano da Como e, a
lavorare negli ornati, Castorio di Nanni, che già gli era stato
aiuto nelle sculture fatte per Jacopo della Quercia, e Fran-
cesco di Stefano e Lorenzo d’Andrea e Antonio Federighi ®
il quale, giovane nel 1444 quando si eseguiva quella sepol-
tura, parve più tardi raccogliere l’eredità artistica del grande
senese.
Mentre Pietro del Minella si applicava particolarmente
negli stalli del coro di Orvieto e dello Spedale di Siena,
Turino di Sano e Giovanni di Turino, più che nell’intaglio
in marmo, attesero all’oreficeria. Il primo lavorò per il palazzo
1 CAMPORI, Notizie sulle maioliche, Pesaro, 1879.
2° MILANESI, Documenti cit, 11, pags. 159, 202, 222, 225
3 MILANESI, Documenti cit., 11, pag. 226, 228.
+ MILANESI, Documenti cit., Il, pag. 227 e 228.
S MILANESI, Documenti cit., 11, pag.:223 e 224.
6 MILANESI, Documenti cit., II, pag. 287 e 288
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