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uti in alto le braccia. Insomma Niccolò traduce meschinamente
Ma a il poema del dolore, il dramma donatelliano. Nè si mostra
saldo nel disegnare e nel costruire uomini e cose: le sue
candeliere stanno male sulle basi poligonali, per il tentativo
di scorcio non riuscito al tagliapietra che s’industriava a
rispecchiare all’ ingrosso quanto aveva veduto. In ogni modo,
il trittico già indicato corrisponde per forma alla Pietà del
sepolcro Sobota, benchè alquanto più antico, più duro, con
sottosquadri più forti. Ma pure nella Pietà si rivedono le
pieghe ovoidali e i segni taglienti nelle vesti delle figure
del trittico. È come ne’ pilastrini scanalati di questo, così
nelle cornici, nelle mensole del sepolcro si mostrano le forme
classiche padovane determinate da Donatello, penetrate in
Dalmazia per mezzo di Niccolò fiorentino.
Circa del tempo del monumento Sobota è la lunetta sulla
porta dell’Ospedale militare di Spalato. Rappresenta pure
la Pietà: Maria che tiene sulle ginocchia la salma cadente
del Figlio. Basti osservare come si disegna appuntita l’arti-
colazione del braccio sinistro della Vergine e grossa la linea
del contorno del manto, per trovare alcuni evidenti riscontri
tra le due Pretà. Il tipo di Cristo corrisponde a quello del
Crocefisso intagliato in legno nel Duomo di Traù (fig. 283), così
sparuto, così disseccato e così debolmente imitato dal Cristo
di Donatello nella chiesa del Santo.
Per mezzo di queste opere si comprende la parte avuta
da Niccolò fiorentino nella cappella Orsini del Duomo di
Traù, e si distingue da quella dell’Alessi. Era vescovo allora
di quella città Jacopo Torlono, il cui nome è inscritto nella
pietra tombale, oggi assai logora, posta presso l’entrata della
cappella Orsini (fig. 284): si vede figurato steso sul fondo
d’una cassa, col capo poggiato ad un largo cuscino e con
le mani conserte sul petto; alla sua destra è disposto diritto
il pastorale. Nella pietra tombale sì semplice, la testa del
ne vecchio vescovo, con forti linee, spicca potente; ed è pur
torce questa l’opera del donatelliano rude e imperito, di Niccolò