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mento, un volgare saccentone. Prima di venire a Roma, visse
in mezzo alla grande flora artistica fiorentina, ma poco o
nulla apprese; par che seguisse Bernardo Rossellino, e cer-
tamente vide Donatello, ch’egli ardì di criticare nel Z7at.
tato, e plasmando maschere ne contraffece le figure vive.
Nel 1433 imprese di fare la porta in bronzo di San Pietro,
e la portò a compimento dopo dodici anni, poco avendo po-
tuto lavorare nel tempo in cui Eugenio IV fu lontano da
Roma, durante gli avvenimenti che funestarono la città e
la Chiesa. La porta (fig. 347) è divisa in sei quadri, quattro
grandi superiori, due minori in basso, separati da quattro
fasce con le /Jstorie del pontificato d’ Eugenio IV, tutti incor-
niciati da girari che s’attorcigliano nella traversa in alto,
intorno ai piedi degli angioli reggenti lo stemma del Papa.
Nei due rettangoli superiori seggono in trono il Salvatore,
da una parte, la Vergzne, dall’altra; nei due sottostanti,
San Paolo con la spada e col mistico « vaso d’elezione »
ai piedi, e San Pietro che consegna le chiavi al Papa ingi-
nocchiato.
Il’ Redentore e la Vergine sono grossolani all’eccesso:
quegli alza l’enormi dita della destra per benedire, stando,
come questa, assiso sopra una cattedra con ornamenti che
ne occultano la forma. I manti dalle pieghe a fasci, a liste
curve, di stoffa a granitura che vorrebbe simulare il broc-
cato, sono pesantissimi; le teste dai grandi occhi spalancati
paiono di maschere, come quelle de’ putti portafestoni attac-
cate sul fondo. La Vergine sta come dentro una nicchia, il
Redentore spicca sopra un tappeto a filari di rombi con entro
lo stemma papale: strana dissimetria in cui cadde Antonio
Averlino nonostante le sue teoriche! Ripetè invece l’arazzo
con gli stemmi papali nel fondo dei Santi Pietro e Paolo,
e vi fece un’orlatura a lettere cufiche tratte da stoffe o da
vasi persiani all’agemina. San Paolo (fig. 348) ha alcuni
riccioli del capo come vermiciattoli ritorti, la barba lunga
serpeggiante simmetrica; il manto è trattenuto da due borchie