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o manifestasse a Firenze ricca d’industria, prospera ne’ com-
O merci, orgogliosa «di essere la più bella patria che abbi
- non tanto il cristianesimo, ma l’universo mondo»;" e ci
o spiega la insofferenza per le forme non vive, l’eccitamento
i, del desiderio per le forme belle. Quando per la cupola del
o Duomo fu di nuovo lotta tra il Ghiberti e il Brunellesco,
- «la città teneva dello umore delle porte del bronzo e tra
Vito i cittadini della città e della arte era divisa e gareggiavasi
sone a chi haveva fede in Filippo e chi haveva in Lorenzo ».?
Il contrasto tra le forme, evolute con tanta rapidità a
ell Firenze al principio del ’400, e le residuali del secolo prece-
pure dente, avvenne per la compiutezza dell’educazione de’ nuovi
Indo artisti. Non si trova più il pittore che fornisca i disegni ai
ni di maestri d’intaglio, come avvenne, ad esempio, quando An-
perte gelo di Taddeo Gaddi disegnò le Virtà che per la Loggia
lelle dei Lanzi dovevano scolpire Giovanni di Francesco Fetti, Gio-
“Itta- vanni d’Ambrogio e Jacopo di Piero Guidi;3 e le quattro
nda grandi figure dei Dottori della Chiesa, che Pietro di Gio-
Fio vanni teutonico e Niccolò di Piero Lamberti eseguirono per
tchi- Santa Maria del Fiore. * Questi ed altri fatti possono farci
pella credere che l’arte dell’intagliatore e dello scalpellatore fosse
fi cu considerata in qualche modo sottomessa a quella dei pittori
lelle i quali inventavano e disegnavano, quantunque fossero allora
fio in gran ritardo. Cennino Cennini, che nel suo Zryattato
stri, della Pittura ci lasciò il testamento del secolo xIV, si
orizie professa giottesco sin dal principio del libro. « Sì come pic-
f7 colo membro esercitante nell’arte di dipintoria >, egli scrisse,
« Cennino di Drea Cennini di Colle di Valdelsa nato, fui in-
formato nella detta arte dodici anni da Agnolo di Taddeo
da Firenze, mio maestro, il quale imparò la detta arte da
I MARCOTTI, Un mercante fiorentino del sec. XV, Firenze, 1881, pag. 45.
2? ALESSANDRO CHIAPPELLI, Della vita di Fllippo Brunelleschi attribuita ad Antonio
Manetti con un nuovo frammento di essa tratto da un codice pistoiese del sec. XVI(Ar-
chivio storico italiano, s. IV, t. XVII, a. 1896).
3 FREY, op. cit., pag. 36-39, 110.
4 CAVALLUCCI, Op. cit: