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o da una foglia stellata con pampini e grappoli d’uva in-
torno, o da rami frondosi insieme roteanti; lungo i rami
de’ girari, nel pergolato ricco di grappoli, s’adagiano, si seg-
gono Profeti dalle barbe e dalle chiome fiammanti, dai ber-
retti frigi, dalle pieghe delle vestimenta stirate; nel mezzo
dell’arcone, l’agnello apocalittico in un clipeo retto da sera-
fini. Queste forme, che si ripetono pure in un sottarco del
fianco destro della basilica e -in un arco del prospetto a
sinistra, sono come la naturale continuazione de’ modi tra-
dizionali della scultura educata alla bizantina.
Da quella scuola veneziana derivarono i maestri che verso
la fine del ’300 fecero i coronamenti delle sezioni de’ pro-
spetti della basilica di San Marco, con figure di Profeti
lungo gli archi inflessi e tra le foglie rampanti. Spuntano
agitati i Profeti, con braccia sollevate fuor da’ roveti, e
stendono cartelli che s’attorcono come per furia di vento,
mentre le capigliature fremono, e i cespi e le foglie ram-
panti sembrano idre dalle multiple teste di serpentelli, po-
lipi dai cento tentacoli arricciati, aggrinzati, sbattuti dal tur-
pine. Tutti i coronamenti, ad eccezione di quello mediano,
sono simili tra loro, e tutti mostrano Profeti con berretti
frigi o senza, a mezza figura, emersi dal cespo, nobili e
grandi, sottilmente intagliati, con netti contorni sul cielo.
11 coronamento mediano, invece de’ Profeti, presenta donne
salienti devote, supplici verso il Redentore che sta nel cul-
mine. Questo è quanto di più veneziano produsse la scul-
tura nel Trecento, ligia, come la pittura, alla tradizione bi-
zantina.
A trasformarla sopravvennero i Dalle Masegne, fiorenti
sullo scorcio di quel secolo, quando Venezia accoglieva in
sè parecchi elementi alemanni. Già a Bologna, nello scol-
pire i Santi del grande zoccolo della facciata, s’unì il tedesco
Hans Ferrabech a’ maestri veneziani; nella tipica pala d’al-
tare in San Francesco, a cuspidi, a piramidette, a torric-
ciuole, Jacobello e Pier Paolo Dalle Masegne trasportarono