Full text: La scultura del Quattrocento (6)

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che parve al Burzio stanza degna d’Imperatori; e nel 1482 
fece per San Francesco il sepolcro di Alessandro V (fig. 528), 
La statua del Papa e le tre statuette che sono in alto mo 
strano il metodo dello Sperandio di far prominenti e ben 
separate le parti sopraorbitarie della fronte, di formare a 
piani semplici le labbra che si congiungono a punta acuta, 
le palpebre grosse e gonfie, le guance scavate nel mezzo 
sotto gli zigomi, la fossetta al mento. La statua del Papa 
è di fattura rude, sommaria, chè l’artista non mirò se non 
alla struttura essenziale, e fece una testa di maniera, solo 
notevole per la placidezza. I due angioli sostenenti gli scudi 
nella base sono assai trascurati, con le vesti quali si ve- 
dono nelle donne allegoriche ne’ rovesci delle sue meda- 
glie, cinte in alto, appena sotto il seno, raccolte di nuovo 
sull’addome, e con pieghe che si dispongono quasi circo- 
larmente intorno alle ginocchia, e si stirano ad angoli acuti 
sulle gambe. Come ne’ rovesci delle medaglie dello Speran- 
dio, le figure hanno la testa pesante, modellata con un senso 
quasi puerile della forma, le mani grossolane, l’insieme sgan- 
gherato, le pieghe affastellate e talvolta affondate nelle 
membra. In tutto si manifesta un plastico poco geniale, un 
praticone che fa presto e fa tutto. 
Le affinità tra il monumento di Alessandro V e la porta, 
detta della Santa, a Bologna (fig. 529), C’inducono ad asse- 
gnar questa allo Sperandio. Gli ornati de’ pilastrini laterali 
della porta sono identici a quelli del monumento, anche per 
la forma del vaso ansato nelle candelabre; e simili sono i 
satiretti de’ capitelli ne’ due monumenti, i drappi svolazzanti 
e terminati a fiocchi degli angioletti. Le terrecotte sono di 
grande facilità e freschezza: vi si scorgono i colpi di stecche 
e le ditate dell’artista sulla creta. L’opera deve appartenere 
al 1481, quando la chiesa fu ricostrutta con architettura di 
Marchione di Faenza e di Bartolomeo di Dozza; e allo Spe- 
randio appartengono pure le altre terrecotte della facciata e 
gli abrasi stemmi incorniciati, con la scritta: DURANDUM EST.
	        
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