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ricordano quelle di Antonio Rizzo, dai panni e dai drappi
poliedrici. È lo stesso maestro che ha eseguito la Pietà del
Victoria and Albert Museum, e le Virtù teologali nel Museo
del Louvre ascritte al Mantegazza (fig. 599), come persuade
un riscontro con la figura allegorica della facciata qui ripro-
dotta (fig. 600).
Quando l’Amadeo, distratto dalle numerose commissioni,
si limitò a dirigere la continuazione della cappella Col
leoni e del monumento del condottiero, quel seguace, pro-
veniente dalla scuola d’Antonio Rizzo, dovette eseguire e
tradurre i disegni. Certo è che in ogni parte dov’è l’im-
pronta della mano dell’Amadeo, non si trova quel tormento
della forma. Ne sono una prova le storie della cassa supe-
riore nel monumento di Bartolomeo Colleoni, dove tutto è
nobile ed eletto, senza sforzo, schiettamente lombardo.
La decorazione delle candelabre de’ pilastri nella cap-
pella Colleoni fu mantenuta dall’ Amadeo nell’edicola Tar-
chetta del Duomo di Milano (1480), come si può vedere in
alcuni frammenti del Museo Archeologico (n. 187, 188, 189).
Nel primo (fig. 601) è un vaso retto da ghirlande di frutta,
circondato da cornucopie, dalle quali si partono meandri e
viticci lungo il campo della tavola; nel secondo (fig. 602),
è un gran vaso fiammante piantato su una base triangolare,
e questa sopra un’altra: tanto il vaso, quanto le basi sono
incise finemente a figure tratte da archi trionfali, a fregi con
festoni retti da bucrani, a teste imperiali; e tutto è involto
da fogliame che s’aggira naturalmente, e abbonda e riempie
ogni spazio.
A Cremona, si dice, nell’arca dei Santi Mario e Marta e
de’ loro figli Audiface e Abacucco (1482), in quella di San-
t’Imerio (1481-84), nell’altra di Sant’Arialdo (1484), ’Amadeo
si presenta nella forma che in generale vien riconosciuta
come sua propria, per il traforo de’ marmi, per le figure acute
dalle gambe sottili che paiono zampe di trampolieri. Ma pur
ammettendo qua e là la sua ispirazione, quei bassorilievi sono