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sono le mura di Roma «col corridore di passo ad archetti
continui all’interno »,* e, fra due torri coperte a tetto, una
porta, forse l’Asinaria o di San Giovanni. Nel davanti la
piramide di Cestio, e forse, a quanto pare, la mèta di Ro-
molo. Questa scena è timida. Le architetture con quelle
serie d’archi sopraelevati non suggeriscono l’idea d’alcuna
struttura vera di edificio, il paese mostra lo sforzo incerto
e debole dell’autore per definire l’ambiente della rappresen-
tazione, le figure mal si reggono in que’ loro atteggiamenti
forzati, e, se si eccettui la figura dietro al Pontefice, quel
grasso prelato assistente, tutte le altre sono similmente con-
formate, soffuse di rosa, con sottili lineamenti affilati, quali
si vedono nella cappella del Cardinal Branda in San Cle-
mente, condotta verosimilmente al tempo stesso delle tavole
di Santa Maria Maggiore.
Chi osservi la distribuzione degli affreschi nella cappella,
s’accorgerà che furono dipinti con metodi più arcaistici di
quelli seguiti da Masolino altrove. Nel sottarco dell’entrata
della cappella sono tanti gotici quadrilobi disposti su lastre
alternate di porfido e serpentino; lo spazio delle pareti isto-
riate ha una divisione irregolare; la distinzione delle scene
è segnata da strisce di musaico alla cosmatesca ; le archi-
tetture appaiono scheletrite, formate di regoli e di fusti sot.
tili; le figure nella volta della cappella, come chiuse o incas-
sate ne’ paramenti sacri, oppure scontorte; San Cristoforo
nel pilastro, a sinistra della cappella, è mal costruito e in
una mossa sgangherata. Più tardi Masolino guadagnò pie-
nezza e struttura negli edificî e nelle persone, e nella cap-
pella Brancacci al Carmine di Firenze non ricorse a distin-
zioni convenzionali delle singole scene, anzi via via andò
conquistando spazio e profondità.
Nelle pitture di San Clemente, per la decorazione, l’ar-
tista si attenne alle forme romane, servendosi di vela nell’alto
1 VALENTINO LEONARDI, op. cit., pag. 27.