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nati gotici degli affreschi indicano la fonte dell’arte dei San-
severinati ne’ codici miniati d’impronta straniera; e potrebbesi
indicare, ad esempio, come modello dei due pittori sanse-
verinati, qualche codice di mano simile al messale miniato da
Giovanni di Ugolino da Miiano, l’anno 1436, quale si vede
nella Biblicteca capitolare di Fermo ' (fig. 93). In questo è
figurata la danza degli Ebrei davanti all’Arca, che può invero
trovare riscontro nell’altra descritta nella cripta del Duomo
vecchio di Sanseverino. In ogni modo il codice milanese esi-
stente nelle Marche è un segno che avvalora la nostra ipo-
tesi sull’origine dell’arte dei Sanseverinati, e sempre più
spiega la natura degli influssi dei maestri di Lombardia e
degli scambî artistici da regione a regione nella prima metà
del Quattrocento.
Alla maniera dei Sanseverinati può ascriversi a Fabriano,
nell’antica cappella di Santa Lucia, un affresco rappresen-
tante Cristo alla colonna, la Maddalena, la Madonna col
Bambino lattante; e agli stessi maestri appartengono a For
ligno gli affreschi dell’anticappella del palazzo de’ Trinci, con
le storie di Romolo e Remo, * dei quali restano soltanto tre
campi in gran parte guasti. Ai due fratelli debbono pure
ascriversi a Cagli, in San Francesco, i resti di affreschi con
le rappresentazioni di fatti di Sant'Antonio da Padova, atr
tribuite fantasticamente un tempo a Guido Palmerucci;? e
così pure alla loro maniera va assegnato a Pesaro, nella
Pinacoteca civica, il quadro rappresentante la Vzszone della
in quella città (cfr. VOGEL, De Ecclesiis Recanatensi et Lauretana earumgque episcopis, 1859;
C. FERRETTI, Memorie storico-critiche dei pittori anconitani, Ancona, 1883; AMICO RICCI,
Memorie storiche delle arti e degli artisti della Marca d’Ancona, t. 1, cap. IX; A. GI4-
NANDREA, Olivuccio di Ciccarello, in Nuova Rivista Misena, Ill, n. 12, Arcevia, 1891).
1 Il codice sarà illnstrato quanto prima ne L’A7te dal sig. Fenizio Fenizi di Fermo,
che mi ha dato gentilmente la fotografia qui edita.
2 Sono Stati sin qui attribuiti a Ottaviano Nelli. Cfr. op. cit. di M. FALOCI PULIGNANI.
3 CAVALCASELLE € CROWE (Storia della pittura, IV, Firenze, 1887) corressero le at-
tribuzioni fantastiche, a proposito degli affreschi di Cagli, ma non s’accorsero che tutto
quanto si era scritto su Guido Palmerucci poggiava sul falso. Anche il Sant’ Antoni
Abate, attribuito a Guido nella chiesa di Santa Maria Nuova di Gubbio, è opera tarda
del ’400: la data trecentesca che si legge sotto l’affresco è inscritta nello strato sotto-
stante a quello dov'è dipinto il Santo.