tore di Modena, ch’ebbe in quel secolo maestri rinomati
quali Tommaso, Barnaba, Serafino de’ Serafini.
Il gotico fiorito nella pittura bolognese arricchisce l’arte
di Michele di Matteo diverso da altro pittore che si firma
Michele Mattei, oriundo di Bergamo.’ Gli sono attribuiti
un polittico nella chiesa abbaziale di Nonantola,’ eseguito
per Gurone d’Este, abate commendatario della Pomposa,
e un gran polittico nella Galleria di Venezia. Nel primo di
questi quadri si rivedono gli occhi spalancati, spaventosi,
le smorfie orrende di Michele di Matteo bergamasco, diffe-
rentissimo dal biondeggiante Michele Mattei bolognese del
quadro di Venezia (fig. 116-117), elegante, raffinato, ricchis-
simo di ricami nelle vesti, di frange d’oro, d’orlature con
lettere cufiche. Lo schienale del trono dove, in mezzo del
quadro, siede la Vergine, è come di cuoio stampato d’oro,
a mo’ di quello di Gentile nella Madonna di Perugia; le
vesti delle Sante nelle tavole laterali svolazzano sul suolo,
così come quelle delle altre Sante di Gentile nella tavola
Quaratesi.
Nella predella il Mattei figura la leggenda del ARitrova-
mento della Croce (fig. 118), Fiena imperatrice sta per entrare
in Gerusalemme, seguîta da uno stuolo di cavalieri, che ten-
gono, a segno di nobiltà, il falco in pugno, e di scudieri,
I A. VENTURI, Storia, V, 948. Alle notizie date delle opere di Tommaso da Modena
aggiungiamo questa di affreschi da noi scoperti nell’antica cappella del Castello di
Mantova; i frammenti d’una grande Crocifissione, e alcuni Santi negli sguanci delle
finestre,
2 A questo appartengono un Padre Eterno già esistente nella Collezione Santini, un
altro quadro in Santo Stefano di Bologna, un altro nel Museo Civico di questa città, e
quadri nella Pinacoteca di Bologna coi nn. 163, 104, 382, 377. 398, 381 (questi ultimi
quattro indicati come di « ignoto autore»). Cfr. A VENTURI, La pittura bolognese nel
secolo XV (Arch. stor. dell’Arte, 1890, pag. 283). La distinzione dei due pittori omonimi
fu già fatta dal MAsInI (Bologna perlustrata, 1, 634) e dal MALvASIA (Felsina pittrice,
1, 38); e quest’ultimo disse uno di essi della fawiglia Lawbertini. La confusione tuttavia
è rimasta sino a quando scrisse LIONELLO VENTURI (Le origini, ecc., cit.), no.ando come
l’ancona di Venezia sia «opera d’imitazione diretta da Gentile da Fabriano ».
3 Cfr. F. C. C. [Ferdinando Calori Cesis] e A. C. P. [Andrea Cavazzoni Pederzini]:
Di un quadro finora ignoto di antico maestro della scuola bolognese, Modena, 1861 (È
riportato un documento del 1460, cioè una nota di spese per l’ancona data a depenzere
a Messer Michelle).
2TO