Full text: La pittura del Quattrocento (7, Parte 1)

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contrano tracce qua e là nel libro Vallardi del Louvre, ne 
vediamo uno d’un altare gotico; l’abbozzo del ricevimento 
di un Re da una Regina sedente in trono innalzato entro 
un palazzo merlato con stemmi nel fregio; lo studio d’una 
Madonna col Bambino nelle braccia, adorata da un angiolo; 
quello d’un’altra Madonna con quattro Santi; quello dell’ap- 
parizione d’un Santo a un monaco innanzi a un loggiato; 
della Crocifissione; della figura della Carità; di Santa Giu- 
stina, di Evangelisti e di Apostoli. È probabile che, dalla 
maturità in poi, applicatosi specialmente ad eseguir medaglie, 
il Pisanello lasciasse frammentarie le ricerche dei moti del- 
l’espressione e della vita umana. Oltre i disegni d’animali, 
tengono il primo posto quelli de’ ritratti che dovevan ser- 
virgli a modellar medaglie. 
Un ritratto dipinto è nella Collezione Morelli a Bergamo, 
già in quella Costabili di Ferrara, rappresentante Lionello 
d’Este (fig. 148), quale ci appare in due medaglie dello stesso 
marchese; * un altro, nel Louvre, figura una principessa 
Estense (fig. 149) che nell’abito ricamato ha un’impresa di 
Lionello, cioè il vaso dalla cui bocca escono rami e foglie 
e dalle cui anse pendon catene terminate con ancore intere 
e spezzate. Il primo sembra anteriore al secondo, poichè più 
gran parte del busto è inclusa nella tavoletta, come si vede 
nelle ultime medaglie del Pisanello, nelle quali il busto prende 
via via maggiore sviluppo. I due ritratti mancano di model- 
latura: quello di Bergamo, con tratteggini nell’ombra che 
sembran peli; l’altro del Louvre, pure povero di chiaroscuro 
e di tinta rosata, -anch’esso con l’orecchia cartilaginosa, tutto 
come miniato su pergamena. Entrambi hanno a fondo fiori 
I Non può esser questo il ritratto di Lionello, intorno al quale il Pisanello, secondo 
il poeta Ulisse, impiegò sei mesi (cfr. A. VENTURI, Le Vite del Vasari, I, 1896). No- 
tiamo che Ludovico Carbone pronunciò verso il 1460 un’orazione, nella quale disse che 
dopo i libri, che sono la sua delizia, non aveva cosa al mondo più cara della pittura, e 
soggiunse: « Plenum enim studiolum meum mille picturis, signis, tabulis, imaginibus. 
Nunquam illam Leonelli aspicio, quam Antonius Pisanus effinxit, quin mihi lacrymae ad 
oculos veniant: ila illius humanissimos gestus imitatur » (cfr. ZIPPEL, Artisti alla Corte 
degli Estensi nel Quattrocento in L’Arte, 1902, 405-407).
	        
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