Full text: La pittura del Quattrocento (7, Parte 1)

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certissimi e il disegno di cosciente e scrupolosa precisione.!' 
Donatello accrebbe la energia espressiva alle figure di Jacopo, 
che alla fine del libro del Louvre, là dove disegna in un 
pentittico l’Apostolo Giovanni, rese la intensità del dolore 
così da far pensare, anche per i caratteri particolari del 
segno, alla forza suggestiva ch'egli ebbe sull’arte del figlio 
Giovanni Bellini. Del pari nell’umile San Francesco, dise- 
gnato nello stesso pentittico, è tale pietà ardente, spasmo- 
dica, che basta a mostrarci Jacopo Bellini, negli ultimi de- 
cennî della sua vita, con la potenza di caposcuola. Volle 
sfortuna che non giungessero a noi nè la grandé C7ocifis- 
sione del Duomo di Verona, nè le Storie della sala della 
Scuola Grande di San Giovanni Evangelista; ma i disegni 
ci permettono di scorgere il lungo cammino compiuto dall’ar- 
tista, sempre fresco di forze, sempre giovane. L’antichità 
classica ingrandì le sue scene, portò la monumentaiità tra 
le liete forme del gotico fiorito, la nota storica sullo sfondo 
dei palazzi veneziani coronati di ante orientali. 
E Jacopo Bellini ricostruì l’antico, senza dimenticare il 
I Le epigrafi riportate da Jacopo Bellini sono: una di METELLIA PRIMA (Corpus 
inscriptionum lat., vol. V, n. 4653, iscrizione ora perduta, già a Brescia, riferita dal 
Marcanova differentemente da Jacopo Bellini nella disposizione delle parole e nei punti 
precedenti o seguenti di lettere, come nella figurazione dei medaglioni); una seconda 
di T. PVLLIO (Corpus inscript. lat., NV, 2428, già sul Monte Buso vicino ad Este, rife- 
rita dal Marcanova, dallo Scardeone, ma nel Corpus non è la descrizione del monumento 
su cui era incisa l’epigrafe); una terza di T. POMPONEVS, già in Monselice, poi nel 
Museo del Cataio presso Padova, ora a Vienna nella Raccolta dell’Arciduca d’Austria 
d’Este (Corpus inscript. lat., V, n. 2269, riferita dal Marcanova); una quarta di M. ACVTIO, 
già in Este, poi a Legnaro, oggi all’estero (Corpus inscript. lat., V, n. 2553, riferita dal 
Marcanova. L’epigrafe trascritta dal Bellini presenta solo in una parola un errore, nella 
seconda linea, dove è scritto: ...C. ACVTS. Sul cippo marmoreo, il Bellini collocò due 
figure di donna danzanti, traendole da tipi neo-attici notissimi a Padova, come già una 
di quelle ed altre trasse Giusto da Padova nel libro dei disegni della Galleria Nazio- 
nale a palazzo Corsini in Roma); una quinta MANIBVS M. EPPII, già in San Fi- 
denzio di Migliatino presso Montagnana, ora perduta (Corpus inscript. lat., V, 26235 
liferita dal Marcanova con varianti da quella di Jacopo Bellini); una sesta SAC. DIS 
MAN. LVCRETIAE già in iste, perduta (Corp. inscript. lat., V, 2542, riferita dal Mar- 
canova); una settima C. GAVIO, tratta dall’arco de’ Gavii di Verona, ora smembrata 
nell’Arena di quella città (Corp. inscript. lat., 3464, trascritta dal- Marcanova, adattata 
dal Bellini nella base di un monumento classico da lui ideato); un’ottava D.M. DIVO. 
CAESAR ricavata dalla base dell’Obelisco Vaticano (Co7p, inscript. lat., V, 882. Jacopo 
Bellini la inscrisse nel piedestallo o nel cippo marmoreo innalzato sulla base su cui sta 
inscritta la precedente epigrafe veronese).
	        
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