nuovo, richiamò il mondo romano nel proprio mondo. Senti
la necessità, come altri suoi contemporanei, di localizzare
la rappresentazione storica, e non gettò soltanto rocchi di
colonne, basi, capitelli, frammenti antichi nel campo delle
composizioni, ma si provò anche a ricostruire archi, fastigi
di classici monumenti. Con lui e co’ suoi contemporanei e
seguaci l’antichità classica, quale appariva in forme dirute,
cadenti, frammentarie, fece parte come materiale scenico dei
fasti del Cristianesimo, e mostrò spesso involontariamente
nella Natività, nelle rappresentazioni degli Evangeli, nelle
scene di martirio dei Santi, il contrasto tra la sorgente Cri-
stianità e la Gentilità decaduta.
Non solo Gentile e Giovanni Bellini ascoltarono le le-
zioni paterne, ma anche il loro cognato Mantegna s’inchinò
alla dottrina di Jacopo, che aveva tanto vissuto con l’arte.’
Molti pittori gli furono ligi, e, tra gli altri, Lazzaro Bastiani,
maestro del Carpaccio; molti scultori popolarono Venezia di
statue squadrate secondo i canoni del maestro. Di qua e
di là dal Crocefisso, nell’iconostasi di Santa Maria Gloriosa
de’ Frari, le figure scolpite di Maria e di Giovanni ritrag-
gono qualcosa delle forme disegnate da Jacopo; e da per
tutto, nella fioritura dell’arte scultoria con Pietro Lombardo
e i suoi seguaci, gl’insegnamenti pittorici di Jacopo sono
sculti sulle pietre e sui marmi veneziani.
! Il Mantegna introdusse, in uno de’ suoi affreschi agli Eremitani, l’iscrizione ro-
mana T. PVLLIO ... trascritta da Jacopo nel suo libro (Cfr. M. DE VILLEFOSSE, Com-
munication à la Société nationale des Antiquaires de France, stance du 30 juillet 1884).
« 11 fatto », annota il Ricci (op. cit., I. pag. 70), «che il Mantegna ha sovrapposto ad
essa due dischi con ritratti come nell’iscrizione di METELLIA, fa pensare ch’ei seguisse
i disegni di Jacopo dove quelle due iscrizioni (allora lontanissime l’una dall’altra) sono
riprodotte vicine ».
330