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Magnifico, nel giustificare i: proprî versi amatorii, definì
« appetito della bellezza ».
Alla fine del 1474 ferveva in Firenze il lavoro per la
preparazione della giostra medicea che si tenne il 28 gen-
naio 1475; e Sandro fece un’impresa con Pallade « su bron-
coni che buttavano fuoco ». Intorno a quel tempo dipinse il
tondo con l’Adorazione de Magi, della National Gallery di
Londra (n. 1033), il quadro che. probabilmente a Firenze fu
eseguito per il Pucci, committente del San Sebastiano ai
Pollaiuolo. Ancora rappresentò la folla vestita a festa accor-
rere tra le rovine del vecchio mondo, ma il festaiuolo fu
vinto dalla solennità dell’avvenimento sacro. E tutti discor-
rono, si scambiano pensieri, meditano, mentre i Re Magi
si prostrano devoti. Quella folla pensa, vede, crede, o sta
per credere, come cantò il. poeta Prudenzo, « spuntato il
fiore davidico dalla radice di Jesse »: non più il corteo di Re,
ma un popolo di adoratori. Il concetto di Filippo Lippi,
espresso nel quadro della Collezione Cook a Richmond, trovò
qui l’unità serrata, per l’unità del pensiero di tutta quella
gente che rigurgita di tra le rovine, s’addensa intorno alla
capanna, pensatori, filosofi, uomini nobili e grandi più che
per la veste, per la luce dell’intelletto. Ma per rendere ancor
maggiore il raccoglimento, conveniva diradare la folla; e
il Botticelli la diradò nell’altra Adorazione de Magi, eseguita
per Giovanni Lami in Santa Maria Novella (fig. 341), forse
verso il 1478, disponendo tutt’attorno al gruppo della Vergine
col Bambino la corona degli uomini meravigliati, pensosi,
adoranti, avvolti dalla luce del Figlio di Dio; e la Madonna
nel mezzo della scena, come in una nicchia formata dalla
folla magnifica, nell’umiltà trionfante sulle umane grandezze.
Più tardi nel quadro dell’Ermitage a Pietroburgo, il Botti-
celli, continuando a elaborare il concetto, a rimutare la scena
di festa nell’altra di adorazione, curvò tutti, i Re Magi e il
loro seguito, intorno all’Infante.
La determinazione della intera personalità del maestro
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