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Te, Dea, te fugiunt venti, te nubila coeli,
Adventumque tuum, tibi suavis Daedala tellus
Summittit flores, tibi rident aequora ponti
Placatumque nitet diffuso lumine coelum.
Ma a questa profluvie di fiori che spuntano a gara sulla
terra feconda, a questa natura d’incanto, effondeva i suoi
dolci sentimenti, velati da un’ombra di tristezza, il melodico
pittore, Filomela che si lagna nei verdi recessi a primavera.
Venere è la pia Madonna discesa dagli altari ne’ prati
fioriti, Mercurio il dolce San Sebastiano con mantello di
porpora, l’elmetto, la daga e i «talaria aurea». Ma qual
distanza dalla Salome di Filippo Lippi danzante al cospetto
di Erode, nel Duomo di Prato, e le Grazie ingioiellate nel
colore, ingentilite nel volto,, svelte nel corpo, nobilitate negli
atteggiamenti, alleggerite così che non toccano, sfiorano,
quasi non piantano sul suolo! Tutto è divenuto più sottile
e fine: la plasticità della #o7tezza della Mercatanzia rimane,
ma con la trasparenza delle forme tenere e delicate; la ric-
chezza degli orafi adorna le figure, senza aggiungere fondo
o interromper l’effetto con borchie e lamine metalliche lu-
centi; il fondo, le erbe e i fiori sono studiati tanto da non
ineritare più il biasimo di Leonardo da Vinci; il ritmo delle
forme e de’ movimenti divien sempre più armonico, l’in-
treccio delle linee sempre più determinato, così come le dita
delle Grazie s’intersecano graziosamente. E i corpi si cur-
vano e dondolano, le pieghe delle vesti ondeggiano, rigon-
fiano, e Zeffiro le sventola carezzosamente sui candidi corpi,
le soffia in cerchi, a onde, a vela, mentre scherza coi ric-
cioli delle vaghe teste muliebri e ne scioglie le bionde trecce.
La pittura adornò la villa di Castello, acquistata nel 1477
da Lorenzo di Pier Francesco dé’ Medici, ° e dove più tardi
fu dipinta, pure dal Botticelli, la Nascita di Venere. Nel 1478
1 A. VENTURI, La Primavera nelle arti rappresentative, in Nuova Antologia, 1892.
2 Cfr. HORNE, op. cit., pag. 49 e segg.