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carono a Passignano per un affresco tuttora esistente, il; Ce-
nacolo, nel convento vallombrosano (1477) e poi alla Badia
di Settimo, ove dipinsero a fresco ed a tempera varie opere
oggi perdute (1479).
Nel 1480, tornati a Firenze, lavorarono agli Ognissanti.
Tornarono a Roma l’anno seguente, e frescarono nella Cap-
pella Sistina. Domenico Ghirlandaio, salito in rinomanza, la-
sciò nell’ombra i fratelli e gli altri aiuti suoi, come Ba-
stiano Mainardi da San Gimignano: egli fece il contratto
col Botticelli, col Perugino e col Rosselli per dipingere
nella Sistina, e a lui, come ai primi due qui nominati, re-
duci da Roma, la Signoria di Firenze allogò pitture nella
Sala dell’Udienza, che egli solo eseguì, forse perchè giudi-
cato più meritevole (1482-1484). Dopo altri minori lavori,
nel 1483-1486 compì la cappella Sassetti in Santa Trinita,
e collocò sull’altare di essa la tavola della Natività di Gesu
(1485), ora alla Galleria dell’Accademia di Belle Arti in Fi-
renze. Appena finito il grande lavoro, iniziò l’altro grandis-
simo della decorazione del coro di Santa Maria Novella, senza
tralasciare all’inizio di essa, nell’anno stesso 1485, l’Annun-
ciazione nella lunetta della chiesa di Orbatello in Via della
Pergola. E mentre lavorava nel coro di Santa Maria No-
vella (1485-’90) eseguì l’/ncoronazione per la chiesa di San
Girolamo fuori di Narni, ora in quel Municipio (1486), re-
staurò il musaico sulla porta della facciata di Santa Maria
del Fiore (1487); frescò la facciata della cappella maggiore
della Badia di -Settimo (1487); diresse l’esecuzione di un
tondo, ora agli Uffizî, l’Adorazione dei Magi (1487), eseguì
con gli aiuti, Bartolommeo di Giovanni tra gli altri, la gran
tavola d’egual soggetto per la chiesa dello Spedale degli
Innocenti in Firenze (1488); ritrasse Giovanna Albizzi Tor-
cesco Tornabuoni non è certo più nel luogo originario in Santa Maria sopra Minerva,
osservarono che « non è ammissibile avesse il Ghirlandaio dipinto le quattro storie di cui
parla il Vasari, coprendo tutta la faccia della parete; già occupata dal monumento se-
polcrale dei Tebaldi».