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si stende sui gradini dell’altare, e sul tappeto un vaso d’onice
innalza verso la Divina fiori del campo e rose e gigli. La
tavola dimostra si che il Ghirlandaio è uscito dalla stessa
corrente artistica dalla quale uscirono il Botticelli e Filippino
Lippi; ma pare che il giovane pittore avesse l’animo aperto
al nuovo, e raccogliesse fiori da altri giardini non piantati
da Fra’ Filippo, e specialmente da quelli di Andrea Ver-
rocchio.
Il fondo formato da una cinta, dietro cui si elevano le
piante di quel gran giardino che è la Toscana, si rivede
ancora nel Cenacolo d’Ognissanti, e per l’aria, pel cielo vo-
lano, o dovrebbero volare secondo l’intenzione dell’artista,
quaglie, pernici, rondini, anitre selvatiche. La scena è molto
migliorata al paragone di quella eseguita nella badia di Pas
signano pochi anni prima, certo perchè là Domenico ne
lasciò la cura al fratello David e al Mainardi. Qui Dome-
nico diffuse la bionda luce che avvolge la nobilissima testa
di Cristo e gli Apostoli, ed anima ogni figura, ma non senti
la solennità del momento in cui Giovanni s’accosta commosso
al petto del Redentore, avendo dipinto Pietro col coltello
brandito, minaccioso verso Giuda che, puntate le mani sui
ginocchi, sembra sfidarne gli sguardi. Il traditore è tanto
l’oggetto della curiosità generale che si attenuano la com-
mozione, la protesta di fede di altri Apostoli turbati dalle
parole del divino Maestro. È trasportata la scena sacra nella
vita comune, intorno a quella mensa imbandita come nella
realtà; e l’attenzione è deviata dal suo centro, per scomporsi
in singoli episodî. Così nel San Girolamo, ad Ognissanti
(fig. 420), la farraggine di cose nello studio, riduce la medi-
tazione del Santo a quella d’un dottore che stia ponzando
una ricetta.
Tornato a Roma, nel 1481, il Ghirlandaio si assunse di
dipingere nella Cappella Sistina due storie, la Resurrezione,
distrutta nel disfacimento d’una parete, ela Vocazione di Pietro
e Andrea (fig. 421). In questo grandioso affresco, Gesù chiama