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vista d’ogni cosa, e, presa da infinita amarezza, mostra gli
occhi stretti, come labbri socchiusi di una ferita profonda, e
la bocca gemente, contratta (fig. 9). Nella collezione Jarves, a
New Haven, Maria volgesi al Figlio pendente dalla croce,
e conserte le mani premute sul petto, eretta la testa, sbar-
rati gli occhi, par che mandi un urlo disperato in quella gola
di monte dove s’innalzano le misere spoglie di Cristo in croce.
Oltre la forza espressiva, specialmente del sentimento
religioso, che acquistano di mano in mano le figure uscite
dal pennello di Don Lorenzo, questi, coll’andar del tempo,
dopo averle sempre più sgranchite, si provò a caratteriz-
zarle, a determinarle nel tipo e nel costume. I due Re Magi
che seguono il più vecchio nell’Adorazione di Highnam
Court, potrebbero figurare con l’incensiere tra gli angioli a
pie’ de’ troni nelle /ncoronazioni; ma più tardi, nella colle-
zione Raczinsky e nella predella dell’Anznunciazione in Santa
Trinita, il pittore si è sforzato di presentarli come Re, co-
ronati e in veste magnifica. Perfino, nell’ultima pittura, il
tipo dei Magi par che voglia assumere qualche carattere
della razza negra.
Tutte le composizioni di Frate Lorenzo degli Angioli
stanno sul fondo di rupi di natura vulcanica a corno, con
smussi sulla vetta traversali che fanno irregolari, dentati, piz-
zettati i contorni. Sono le rocce delle quali parla il Cennini,
congegnate di pietre polite, e formano un mondo irreale,
erte scogliere, nido di falchi, tra le quali s’appunta qualche
lunga torre, o s’apre qualche pennacchio d’albero, o s’addensa
una pineta.
Illusionista, Lorenzo monaco cerca effetti a lui noti per
la pratica di miniare su pergamena: nella grande Adora-
zione de Magi agli Uffizî (fig. 10), lo stuolo d’angioli sulle
nubi gialle appare colorato di giallo; i pastori sulle rocce
scure, come affumicate, sembrano tinti di fumo.
Dalle forme chiare, candide, veramente in veste olive-
tana, del quadro di Lorenzo monaco nel Museo civico di