if 1506, 27 gennaio — Compra un podere posto nel popolo di
Santo Stefano a Pozzolatico, in luogo detto Capiteto.
1d 506, 31 gennaio — Scrive al padre, mentre aspetta i marmi
DO da Carrara.
« Ancora non ho potuto cominciare a far niente, e pure dò parole
a, al Papa e tengolo in buona sperenza, perchè e’ non si crucci
ia meco ». Giuntigli finalmente i marmi — come ricorda in una
lettera dell’ottobre 1542 — « condussigli in sulla piazza di Santo
ra Pietro, dove avevo le stanze dreto a Santa Caterina ».
hi 1506 — Giulio II progetta gli affreschi della Cappella Sistina e
le, vuole affidarli a Michelangelo.
si, Costui «à deto pue e pue volte, none volere atendere ala ca-
ga pella », secondo le parole del Bramante al Papa, riferite a Miche-
10 langelo da Piero Roselli in lettera del 10 maggio 1506. Pare che il
DE Papa avesse dimesso l’idea della Sepoltura per questo nuovo pro-
getto, e lesinasse a Michelangelo il pagamento delle somme do-
te vutegli e promesse, per indurlo ad accettare l’opera d’affresco.
la 1506, aprile — Sua fuga da Roma.
lo Ne sappiamo i particolari da una lettera all’architetto Giuliano
il da Sangallo, scritta il 2 maggio 1506 da Michelangelo:
«Giuliano. Io è inteso per una vostra come Papa à auto a
male la mia partita, e come sua Santità è per dipositare e fare
to quanto fumo d’accordo; e che io torni e non dubiti di cosa nessuna.
iù « Della partita mia, egli è vero che io udi’ dire el Sabato Santo
E al Papa parlando con uno gioelliere a tavola e col maestro delle
è cerimonie, che non voleva spendere più un baiocco nè in pietre
” piccole nè in grosse: ond’io ne presi ammirazione assai; pure inanzi
a che io mi partissi, gli domandai parte del bisogno mio per seguire
hi l’opera. La sua Santità mi rispose, ch’io tornassi lunedì: et vi tornai
iù lunedì e martedì e mercoledì e giovedì, come quella vide. All’ultimo
; il venerdì mattina io fui mandato fuora, cioè cacciato via; e quel
' tale che me ne mandò, disse che mi conoscieva, ma che aveva tal
commissione. Ond’io avendo udito il detto sabato le dette parole,
e veggiendo poi l’effetto, ne venni in gran disperazione. Ma questo
solo non fu cagione interamente della mia partita; ma fu pure altra
cosa, la quale non voglio scrivere; basta ch’ella mi fe’ pensare Si
stavo a Roma che fussi fatta prima la sepultura mia che quella
| del Papa. E questa fu cagione della mia partita sù bita.
« Ora voi mi scrivete da parte del Papa; e così al Papa legierete
A questa: e intenda la sua Santità come io sono disposto, più che
- io fussi mai, a seguire l’opera; e se quella vole fare la sepoltura
a ogni modo, non gli debbe dare noia dov’io me la facci, purchè