i Men largo e libero che nella pala del Museo di Castel-
vecchio (fig. 681), il Badile ritrova l’arte prossima al suo grande
scolaro, ma l’approssimazione par derivare dal fatto che la
luce di questo abbia già investito il maestro. La composizione,
ricavata, come in altra di Paolo Veronese, da Tiziano, dal gran
quadro per Ca’ Pesaro, ci presenta la Madonna col Bambino
disposta obliquamente nel trono, sopra un fondo di verticali,
create da un edificio e da un pannello di cuoio stampato, messo
come sfondo al gruppo divino. Un effetto di movimento nasce
dalle oblique del crocione di Sant’Andrea a destra, dal girare
della Vergine e di San Pietro verso sinistra. Nelle vestimenta
della Madonna, corrono già le pieghe a zig-zag del Veronese, e il
rosso, che svanisce alla luce e si fa morello nell’ombra, par tratto
dalle abitudini di questo pittore. Trascurato è il Sant’Andrea,
condotto con un fare facilone da discepolo di Bonifacio Pitati: il
Santo vuol parlare, e sembra soffiar via la barba colma. È coperto
da un manto rosso, che svanisce alla luce e sanguina nell’ombra:
par dipinto dal Farinati, così come il San Pietro a sinistra, col
manto giallo e la veste verde senza lucentezza. Meglio della testa
rossastra di San Pietro è il San Giovanni Evangelista, fine giovi-
netto, delicato, basso nel tono, coordinato alle case, che sorgon
dietro, di un grigio che inferiormente si schiara. Con quest’opera,
piuttosto riflesso dell’arte di Paolo, che inizio di cosa, noi
chiudiamo lo studio del Veronese camaleonte, che, probabil-
mente, all’accostarsi del suo grande discepolo, abbandonò
quanto aveva raccolto, sentendo che i suoi ideali erano dal pre-
coce giovinetto superati. Quando, nel 1551, incontriamo Paolo
Veronese, già compiuto artista, nei frammenti d’affreschi di
Ln Villa Soranzo, insieme con lo Zelotti, suo fedele interprete,
uu “i e subito poi con Paolo Farinati, Domenico Brusasorci, Bat-
a tista del Moro e altri, noi dobbiamo pensare che tutta quella
Pn i fiorita di pittori, quella schiera a seguito del compagno di genio,
panca e si sia già formata qualche anno prima. Nel 1542, a quattordici
La d anni, Paolo era nello studio del Badile, il quale, nel 1546, non era
o ancora veronesiano. A diciotto anni il genio dovette batter l’ali
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