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rita da Cortona, Francesco e Girolamo (fig. 142). Un’abside con
il catino aureo forma sfondo a Santa Margherita; ma l’oro non
ha squilli per lei, e sembra avvolgerla blandamente, nel languore
del suo effetto. Cala dall’alto la-luce su San Francesco, ma come
venuta da un fioco sole, da un cielo piovoso. Par che non abbia
ancor forza, e appena serva a carezzare le languide figure.
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All’apice dell’arte sua, il Bonvicino s’avvicina per ricchezza
cromatica ai Veneti e a Tiziano. Esempi la pala di San Niccolò
da Bari nelle Pinacoteche bresciane; la Vergine in trono e quattro
Santi in Sant'Andrea di Bergamo; la Madonna fra i Santi An-
tonio Abate e Sebastiano nell’Istituto Stàdel a Francoforte.
Nella pala di San Nicola da Bari (figg. 143-144), i discepoli di
Galeazzo Rovellio portano alla Vergine la mitra, le palle d’oro,
i segni del Santo patrono. L’abside d’oro con la sua curva pro-
fonda sembra protendersi a recingere, abbracciare, isolare la
figura del Santo nella sua calda penombra. La Madonna in
trono col Bambino che l’accarezza è divenuta sorella delle
Madonne tizianesche: la liscia materia s’è intenerita; il calore
del Vecellio, penetrato nelle carni vive, addolcisce le teste dei
due graziosi fanciulli sotto il manto di Niccolò, e ne schiara le
luminose vesti verdemare.
A questo periodo dei forti scuri e delle intense proiezioni
d’ombre appartiene la Santa Famiglia con San Giovannino
nella Galleria dell’Accademia Carrara a Bergamo (fig. 145),
che per il languore delle espressioni, nonostante l’intensità del
chiaroscuro ancor memore del Foppa, fa pensare al Moretto
come a un Luino bresciano. Ma, sempre più forte e poderoso
di modellato, il pittore, nella Fabbriceria di Comero in quel
di Brescia, spalanca le braccia di Sant’ Anton io Abate (fig. 146);
e par che la fiamma ardente sulla mano ne accenda la barba e
guizzi sul raso dell’abito e sul tessuto aureo del paludamento.
Nella pala di Sant'Andrea a Bergamo (fig. 147), il Moretto,
curvando la Vergine dal trono verso un Santo martire, unisce,