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che Giambattista Moroni, nato a far ritratti, non abbia qua-
lità di pittore di sacre composizioni, non ne sappia formare
lo scenario, nè dar moto alle figure, le quali, perduta la ma-
schera convenzionale, grande e solenne, si presentano più vicine
a noi, più moderne e vive.
In un altro quadro primitivo, a Parre in quel di Bergamo,
si vedon San Paolo e un altro Santo assistenti San Pietro che
in abito pontificale riceve le chiavi dal divin Bambino (fig. 178);
qui l’imitazione dal Moretto non basta a tener alto Giam-
battista Moroni, che, con la centina del quadro, taglia male
la nicchia sul cui spicchio campeggia la Vergine, puntando i
piedi sullo spigolo di un grado, e sul termine della cornice di
un piedistallo. Il pittore però, fuor dall’imitazione morettiana
e nonostante le incertezze del comporre, trova una vivezza
nuova nel San Paolo visto di scorcio, e perfino nel vecchio
San Pietro, curvo sotto la tiara e il pesante piviale con ricami
a rilievo, trascinantesi a stento, barcollante, verso il Bambino.
Dietro al « maggior Piero», è un santo morettiano, ma quale
distanza già appare tra questa languida figura e San Paolo,
dalla barba fioccosa, il collo taurino, la fronte avvivata di
subita luce! Non somiglia al forte e fiero romano della tradi-
zione, ma non manca parimenti di forza quest'uomo moderno,
forse capitano della Serenissima, ginocchioni davanti al trono
della celeste Patrona.
Anche nei ritratti l’imitazione dal Moretto porta il discepolo,
talora a una faticosa determinazione dei lineamenti, a una ma-
niera forzata, pesta, quale vediamo, ad esempio, nel ritratto di
Chatsworth (fig. 179), talora invece all’accentuazione espressiva
del ritratto agli Uffizî (fig. 180); mentre il primo ha gli occhi
incantati, il secondo li fissa indagatori, con uno sforzo visivo,
triste, di sofferente; e tanta vivezza nella luce vitrea degli occhi,
e la ricerca d’espressione patetica, fanno pensare che, oltre il
Moretto, influisca Lorenzo Lotto sullo sviluppo del ritrattista