mano il metro allo scolaro giovinetto, che uscì dalla scuola, co-
piate alcune figure di ancone d’altare, con una calligrafia moret-
tiana. Ma tutte quelle copie gli servirono ogni volta che si chiese
a lui un quadro sacro, così come il vestiarista teatrale fa ricorso
al guardaroba per acconciar le comparse. Quando avesse usato
solo quegli studî, Giambattista Moroni non sarebbe salito molto
alto nella scala dell’arte; e li usò nelle scarse composizioni reli-
giose, nelle quali non riuscì a innestare la propria personalità,
se non guastando il vecchio e sfilacciato canovaccio. Fortuna
volle che egli acquistasse presto fama di ritrattista, così che a
Bergamo quanti si distinguevano per le cariche pubbliche, per la
cultura, la professione, i titoli, accorsero a lui, al pittore che
sorprendeva negli esterni caratteri i segni della vita interiore.
Come nel periodo romantico avvenne che un artista, per la via
del ritratto, lasciasse a poco a poco le lindure accademiche, ogni
giorno rinnovandosi all’osservazione continua di uomini e cose;
così nel furoreggiar manieristico, il Moroni, osservando e pene-
trando i suoi svariati clienti del castello, della piazza e del
monastero, lasciò le trame abusate del Moretto, i giochi colori-
stici e i cangiatismi dei manieristi, per guardare con occhi lim-
pidi la verità della vita. Altri pittori avevan fatto ritratti, chè
dal principio del ’500 cominciò a farsi comune il desiderio di
essere effigiati, quasi a conservar l’ombra di se stessi per l’avve-
nire; ma niuno si era dedicato quasi esclusivamente al ritratto,
come fece Giambattista Moroni nell’Italia Settentrionale e il
Bronzino in Toscana. Nel Quattrocento, il ritratto serviva
allo scambio della propria effigie tra principeschi fidanzati,
a ricordare qualche magnifico signore; potrebbe dirsi che la
pittura servisse principalmente, come la medaglia, a scopo ono-
rario. S’iniziarono perciò, nel Quattrocento, le serie dei ri-
tratti’ di filosofi, di giureconsulti, di poeti, di capitani, ecc.;
ma, nel Cinquecento, ogni classe di persone volle la propria serie,
e l’amore per il ritratto si diffuse comunemente. Ciò si può ben
credere quando si pensi che in provincia, a Bergamo, tanto si
distese l’opera di Giambattista Moroni ritrattista, che ci dette,