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campana metallica del paludamento vescovile, e il gran quadro In
di San Crisostomo, ove immagini e spazio si fondono nella maestà celo I
di un largo ritmo, Sebastiano tende a imponenza di forme, a a fui
dignità d’atteggiamenti statuari, a solidità di costruzione archi- impone
tettonica. Il suo temperamento lo guidava dunque naturalmente Sul
verso Roma, ove fu interprete della compostezza formale di Mors
Raffaello e della scultorea grandezza di Michelangelo. Rasentò SCIA
l’arte dell’Urbinate, di cui intese talora, nei ritratti, la semplifi- siate l
cazione costruttiva, la sobria eleganza, il classico spirito, in modo Napoli
quasi prodigioso, senza vederne la trasfigurazione del modello del Gr
secondo un ideale di umano candore, di serenità non terrestre. Fra de
La dignità innata delle creature di Raffaello par si faccia 2reve, sini fa
superba, in quelle di Sebastiano; le labbra hanno spesso un’e- di Nap
spressione di dura energia, come quelle dell’ignoto raffigurato più ve
nel ritratto lucher, O. un tenue sorriso beffardo come quelle chelang
del Cardinale del Monte, o una sottile espressione d’ironia, come. Hana.
nel ritratto del Cardinale Ferry Carondelet. La placidità soddi- il ritra
sfatta della così detta Fornarina nulla ha di comune con la grandez
raggiante serenità della Dama velata, o con lo sguardo di sogno Par cli
delle donne fiorentine ritratte dal Sanzio; e la regolare bellezza miracol,
del giovane con rotulo, a Budapest, par vuota d’anima in con- delle. 1
fronto ai suoi modelli urbinati; il calmo ritmo della posa, stu- dello sc
diato, non spontaneo, nativo, come per le immagini di Raffaello. mano te
Son variazioni lievi in apparenza, in realtà profonde, che ci fanno ma que
sentire lo spirituale dissidio tra il Veneto gaudente e scettico, e chiusa 1
l’Urbinate, venuto a Roma dal Montefeltro, regno dell’uma- Qua
nesimo. Solo talvolta, dove Raffaello e Giorgione sembran fon- di Nap
dersi nell’opera di Sebastiano, ad esempio, nel meraviglioso fan- resta lc
ciullo violinista della collezione Rothschild, un soffio di calda getta co
idealità, un’aura divina di sogno, penetra nell’arte del forte Ve- anche r
neto adottato da Roma. Michelangelo e Tiziano insieme gli ispi- dei vol
rano l’esaltato spirito romantico e la monumentale grandezza nelle st
della Pietà di Viterbo, così differente dall’altra di Leningrado, Michela:
dov’egli, a brevissima distanza di tempo, riflette la sua parti- la figur:
colare visione plastico-architettonica, nel serrato aggruppamento del suo
delle figure fortemente sbalzate da luce.