Full text: La pittura del Cinquecento (9, Parte 5)

scovile, e il gran quadro In Roma, il dio di Sebastiano diviene ben presto Michelan- 
o si fondono nella maestà gelo. In lui il pigro veneto trova sostegno, aiuto diretto all’opera; 
imponenza di forme, a in lui vede avverato quell’ideale di monumentalità, di statuaria 
dità di costruzione archi- imponenza, che fin dagli esordi è in fondo all’arte sua. 
ava dunque naturalmente Sulle orme di Michelangelo, Sebastiano eleva i gruppi mar- 
compostezza formale di morei della Resurrezione di Lazzaro, come erte scalinate di 
di Michelangelo. Rasentò roccia che di traverso s’innalzino verso il cielo; vede grandeg- 
1, nei ritratti, la semplifi- giare la mole petrigna del pontefice Clemente VII nel quadro di 
il classico spirito, in modo Napoli; squadra, staccandole dal fondo cupo, la grande figura 
asfigurazione del modello del Cristo di Madrid e la croce immane che traversa lo spazio 
di serenità non terrestre. fra terra e cielo; scalpella rudemente con piani d’ombra fortis- 
ffaello par si faccia greve, simi la cupa testa del pontefice Clemente VII nella Pinacoteca 
abbra hanno spesso un’e- di Napoli. Sempre più egli mira all’imperio della massa ; sempre 
lle dell’ignoto raffigurato più vede grandeggiare, guidato dalle creazioni giganti di Mi- 
iso beffardo come quelle chelangelo, l’architettura salda, solenne, compatta, dell’immagine 
espressione d’ironia, come umana. Così egli giunge a creare il capolavoro dell’età matura, 
delet. La placidità soddi- il ritratto di Andrea Doria, eroico nella sua chiusa e solitaria 
a ha di comune con la grandezza, come nella silente austerità del colore: nero e grigio. 
o con lo sguardo di sogno Par che lo spirito del Buonarroti si rispecchi, per improvviso 
zio; e la regolare bellezza miracolo, in questa monumentale figura, che alla dinamica vita 
ar vuota d’anima in con- delle masse michelangiolesche sostituisce 1a muta grandezza 
mo ritmo della posa, stu- dello scoglio. Una volontà ferrea spira dall’occhio triste, dalla 
r le immagini di Raffaello. mano tesa, da tutti i solchi incisi dal tempo sul volto smagrito; 
altà profonde, che ci fanno ma quella impronta di energia è segnata in una forma immota. 
ieto gaudente e scettico, e chiusa nel silenzio per l’eternità. 
utefeltro, regno dell’uma- Quando egli svolge, nel quadro verdazzurro della Galleria 
e Giorgione sembran fon- di Napoli, il motivo raffaellesco della Madonna del velo, ar- 
upio, nel meraviglioso fan- resta l’ondulazione della linea compositiva di Raffaello; quando 
’1schild, un soffio di calda getta come nel bronzo il busto di Baccio Valori, sembra rievochi, 
etra nell’arte del forte Ve- anche nel gesto della mano col palmo aperto, la fissità antica 
e ‘Tiziano insieme gli ispi- dei volumi antonelleschi. I motivi dinamici che si scorgono 
a monumentale grandezza nelle sue opere ci rivelano, perciò, sempre l’aiuto diretto di 
‘e dall’altra di Leningrado, Michelangelo: così il divincolato movimento di spira che fonde 
mpo, riflette la sua parti- la figura di Lazzaro risorto, nel quadro di Londra, con quella 
nel serrato aggruppamento del suo sostenitore; così il gruppo tempestoso degli angeli e 
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