che il Pontormo abbia ricordato il gruppo masaccesco della cap-
pella Brancacci. Il pittore delle trasparenti nudità dell’ancona
di Santa Felicita, qui par goda a rendere con gusto di secentista
lo spessore morbido delle carni; tanto che la pressione nervosa
delle mani di Adamo sul braccio e la spalla di Eva quasi preludia
al motivo del Pluto berniniano. Il chiaroscuro s’accentua: stru-
mento di rilievo e di espressione drammatica. Ma soprattutto
il carnoso angelo bolide, parodia dei giganti di Michelangelo
alla Sistina, ci dimostra come il Pontormo per eccesso di ricerca
abbia perduto negli ultimi anni l'istinto d’eleganza che reggeva
la sua acuta e inquieta sensibilità.
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Il problema più importante e complesso del manierismo
fiorentino è certo l’arte d’Jacopo Carrucci, che male veramente
S’include in questo titolo troppo generico per renderne la sicura
personalità, l’audacia innovatrice. Egli non è un fondatore,
un maestro, e ai pochi suoi scolari sfugge lo spirito sottile e ardito
dell’arte sua: anzi, il più dotato di essi, il Bronzino, par stia agli
antipodi del Pontormo, presentandosi sin dall’esordio con uno
stile preciso e sicuro nella perfezione cristallina delle forme le-
vigate, lucenti, fisse. Si comprende perciò come egli, secondo
narra il Vasari, non permettesse agli scolari d’intervenire nell’o-
pera sua. Sentiva come il suo stile fosse inadattabile a menti
meno sottili, e come dovesse stonare, in una sua composizione,
una linea non tracciata dalla sua mano ardita e nervosa, un co-
lore che venisse a rompere l’equilibrio spesso arduo dei suoi
vividi intarsi.
Come non ebbe scolari, il Pontormo non ebbe un vero maestro:
il suo specialissimo intelletto d’arte gli fu guida nella scelta delle
fonti. Insieme con il Rosso e il Puligo, è impressionato nella sua
giovinezza dalla pittura di Andrea, accanto al quale opera nel-
l’Annunziata di Firenze; ma fin d’allora l’impressione che da essa
riceve rimane il più delle volte superficiale, esterna, l’audace e
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