Full text: La pittura del Cinquecento (9, Parte 5)

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Senesi del suo seguito non si sarebbero lasciata sfuggir l’occasione 
d’adornare il corteo della Vergine di languenti grazie muliebri 
tra il fruscio dei molli veli; ma l’anonimo di Subiaco, noncurante 
di cittadine eleganze, ci presenta due rudi figlie della campagna 
romana (fig. 184), fissandone il tipo con elementari e precisi 
tratti di xilografo. 
La Crocifissione (fig. 185) è composta con francescana umiltà 
nel silenzio dei campi deserti. San Francesco e un altro Santo 
monaco fiancheggiano con la Vergine e San Giovanni la croce, 
cui si tiene abbracciata Maddalena come nelle composizioni 
del Beato Angelico, in un gesto armonioso, di dolce e tranquilla 
mestizia. Anche qui il pittore mette in scena umili personaggi 
della gleba; e appena accenna una sfumatura di umbro misti- 
cismo nel volto di San Francesco; ma nella propria semplicità 
popolana trova un accento di profonda elegia: la croce alta, 
antenna di morte elevata nel cielo. 
L’opera in cui più si sente la presenza ispiratrice del Sodoma 
è la pala della Natività, ove anche il volto massiccio e levigato 
della Vergine sembra stamparsi sul modulo dell’Incoronata di 
Monteoliveto, e il gruppetto triplice d’angeli cantori par venga, 
arricchito d’umbri svolazzi, dalle pale del Borgognone; ma è 
anche il peggiore della serie, il più goffo, specie nelle impacciate 
macchiette pinturicchiesche che scorazzano per la campagna, 
e nell’idropico nudino di Gesù. Il bue guarda il bimbo con buffa 
aria imperativa, e il somarello sembra rida di sottecchi. 
L’anonimo pittore ha qui perduto quell’impronta grave che 
dà un significato spirituale alle altre semplici scene, ai ruvidi 
attori venuti dalla gleba. 
Crocifissione.
	        
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