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Senesi del suo seguito non si sarebbero lasciata sfuggir l’occasione
d’adornare il corteo della Vergine di languenti grazie muliebri
tra il fruscio dei molli veli; ma l’anonimo di Subiaco, noncurante
di cittadine eleganze, ci presenta due rudi figlie della campagna
romana (fig. 184), fissandone il tipo con elementari e precisi
tratti di xilografo.
La Crocifissione (fig. 185) è composta con francescana umiltà
nel silenzio dei campi deserti. San Francesco e un altro Santo
monaco fiancheggiano con la Vergine e San Giovanni la croce,
cui si tiene abbracciata Maddalena come nelle composizioni
del Beato Angelico, in un gesto armonioso, di dolce e tranquilla
mestizia. Anche qui il pittore mette in scena umili personaggi
della gleba; e appena accenna una sfumatura di umbro misti-
cismo nel volto di San Francesco; ma nella propria semplicità
popolana trova un accento di profonda elegia: la croce alta,
antenna di morte elevata nel cielo.
L’opera in cui più si sente la presenza ispiratrice del Sodoma
è la pala della Natività, ove anche il volto massiccio e levigato
della Vergine sembra stamparsi sul modulo dell’Incoronata di
Monteoliveto, e il gruppetto triplice d’angeli cantori par venga,
arricchito d’umbri svolazzi, dalle pale del Borgognone; ma è
anche il peggiore della serie, il più goffo, specie nelle impacciate
macchiette pinturicchiesche che scorazzano per la campagna,
e nell’idropico nudino di Gesù. Il bue guarda il bimbo con buffa
aria imperativa, e il somarello sembra rida di sottecchi.
L’anonimo pittore ha qui perduto quell’impronta grave che
dà un significato spirituale alle altre semplici scene, ai ruvidi
attori venuti dalla gleba.
Crocifissione.