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scompariranno più tardi dall’arte del Santafede. Si sente lo sforzo
di trovare atteggiamenti graziosi nel gioco delle dita, nel piegar
delle teste.
Ai Gerolamini, sull’altare a sinistra della crociera, il Santafede,
nell’Annuncio ai pastori, par confondersi con i manieristi raffael-
leschi, è non sfoggia la qualità metallica dei suei squillanti colori.
È molto guasto, e appena nella figura seduta di un pastore in
veste gialloro e manto di un rosso denso, lascia scorgere qualità
di robusto coloritore. Par che in quelle vesti compatte e nelle
altre del pastore in bianco plumbeo, a riscontro, sia qualche
riflesso bassanesco. Ma nella gloria d’angeli su fondo di luce in-
focata: può rintracciarsi, se pure l’oscurità del dipinto lo per-
metta, qualche ricordo tizianesco.
Meglio si distingue ai Gerolamini la Sacra Famiglia (fig. 439)
nel secondo altare a sinistra: Giuseppe conduce il Bambino a
Maria, benedetta dall’Eterno che sta sulle nubi, in una ghir-
landa d’angeli. È qui si riconosce un raffaellismo alla Sabatini,
con allungamento di volti, schemi di forma ovoidale, sfumato
coloristico. Vi è una certa originalità nella concezione della scena,
fermezza e precisione di modellati.
Nella sagrestia dei Gerolamini, nella Vergine che lava il Bambino
(fig. 440), il Santafede, pure ispirandosi a composizioni di Raf-
faello, si allontana dal prototipo per la compattezza presecentesca
del colore e la serrata costruzione plastica. La luce, che schiara
i colori e stacca nettamente le immagini dal fondo, diviene ele-
mento fondamentale nella costruzione del gruppo, composto con
un senso di densità corporea, nello spessore delle stoffe sgranate
e delle carni compatte, affine a quello del Seicento carraccesco.
Ma soprattutto nella Vocazione dei figli di Zebedeo (fig. 441),
anch’essa appartenente ai Gerolamini, la funzione della luce che
abbaglia a sprazzi le immagini e le fa emergere d'improvviso dal-
l’ombra, ci trasporta alle soglie del Seicento.
Non così volto alle nuove ricerche pittoriche appare il Santa-
fede nell’Adorazione de’ Magi dipinta per il soffitto del Duomo
(fig. 442), ove richiama ancora le forme raffaellesche, fra qualche