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licatezza di gusto, che l’avevano condotto nell’Epifania a imi-
tare con mezzi propri, e nei limiti delle proprie possibilità, motivi
veronesiani, lo Zuccari, nella cappella del palazzo di Caprarola
e nella sala di Giove, ci appare in tutta la povertà pretensiosa
della sua maniera di decadente. In altre stanze echeggiano i
ricordi del viaggio a Venezia: così ad esempio in quella del Giu-
dizio, ove le secche figurette alla Perin del Vaga, qua e là impron-
tate ad atteggiamenti e tipi delle Stanze di Raffaello, ci appaiono
in un teatro palladiano goffamente ricostruito 1, e nella sala dei
Sogni, ove il paese dell’ovato col Sogno di Giacobbe, condotto a
tratti di pennello facili e fluidi, ancor lascia intravvedere uno
strascico d’influenze veronesiane. Esso è sfondo delicato e labile
alla scala, da cui scendono gli angeli, in un piacevole effetto or-
namentale di carni rosate e di bianchi svolazzi sul chiaror del
cielo. È i ricordi veneti impressionavano ancora il Marchigiano
quando dipingeva il gruppo di Mercurio e Atena (fig. 522), a
colpi larghi e arditi di pennello, con disinvolta bravura.
Si riconosce infine l’opera di Federico negli affreschi della
sala dei Filosofi, con figure allungate e assottigliate, ultimi certo
nella serie delle sue pitture decorative in palazzo Farnese, e
perciò esempio tipico di maniera zuccheresca, superficiale e am-
pollosa. Eppure anche qui, nel modellato a sfaldature di qualche
figuretta, è un’ultima traccia di sensibilità pittorica.
Intanto, Federico attendeva ad altre opere. Lo vediamo,
nella Sala Regia, dipingere, sulla parete ove s’apre la porta
della Cappella Paolina, a riscontro della Battaglia di Tunisi,
eseguita da Taddeo, la Storia di Gregorio VII che toglie la scomu-
mca ad Enrico IV (fig. 523), affollata composizione su linea
obliqua, con figure enormi e imbambolate, a fior di superficie,
tra cui sono ritratti notevoli, soprattutto quello del soldatone
con mano sul fianco, evidente e curiosa reminiscenza dei guer-
1 Nel 1564, anno in cui dipinse l’4 dorazione de’ Magi in $. Francesco della Vigne, Fe-
derigo passò il Carnevale a Venezia col Palladio, prendendo parte all’apparato per la Com-
pagnia della Calza. Andò poi, col grande architetto, a Cividale dei Friuli, e in seguito a Ve-
rona, e « in altre città di Lombardia ».
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