mata da libere colate d’oro; e lo ripetono gli orli degli alberi,
Iata le carni accese dell’ancella con l’anfora. Il pittore si compiace,
nali come soltanto si era veduto nei drappi magnifici della Danae
è Cena. di Torino, a penetrare la sostanza pittorica delle cose, a rendere
tti tra con sensualistica immediatezza la pesante sericità delle chiome,
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quarto» Fig. 183 — Padova, Pinacoteca Civica. Padovanino: Betsabea.
; fisfatte, (Fot. Alinari).
LE la preziosità dell’ampollina e del vaso, il bianco rappreso dei
fis lini, la morbidezza delle carni vere, che l’atteggiamento tortile
Si di Betsabea mette in valore. Il tipo della donna, florido e ple-
i beo, ha anch’esso qualcosa in comune col Seicento fiammingo.
Di rado il Padovanino unisce come in questa forte pittura
i la foga dell’effetto decorativo con la pienezza del volume, la cor-
posità del colore, l’impeto e la bravura della pennellata, che si
fa preziosa nei pochi tocchi di luce, nei rappresi grumi di bianco,
' grigio e rosso sul vasetto dei profumi, brunito dall’ombra.
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