I3. — NICOLA ROCCATAGLIATA 370
tore, educato, secondo il Soprani, a Genova, nella bottega dei Groppo,
uno dei quali, Cesare, prese con lÎui impegno, a Venezia, verso la
fabbrica di San Giorgio Maggiore, per due candelabri in bronzo.
Ma la sola opera sicuramente nota di uno dei Groppo in Genova, di
Agostino, e cioè una serie di otto profeti, quattro angeli e quattro
sibille (1567-69) per il coperchio della cassa del Corpus Domini nel
tesoro del duomo (1553-1585), non dà elementi che valgano a spie-
iorgio "Mag. garci l’arte del Roccatagliata, tanto le figure del Groppo, secche,
far e gettar a rigide, con mani enormi, con pieghe calligrafiche, stampate sui tipi
ati Ognuna un del manierismo genovese, son lontane dal libero estro pittorico di
stra di bronzo Nicola a Venezia !. Si può, al massimo, pensare che l’essersi trovato
suo candel- a fianco dei maestri lombardi, fiamminghi, tedeschi, collaboratori
dei Groppo alla cassa preziosa, in qualche modo spieghi certe nordiche
98° fantasie che serpeggiano nell’ultima opera di Nicoletto a Venezia,
Lia il mirabile paliotto di San Moisè. In tanta oscurità sulle origini di
lei i questo delizioso artefice, dobbiam riconoscere che elemento vitale
YTANO A DOTT fu per lui il manierismo interpretato dai maestri veneti, ai quali
er ducati 602. spontaneamente s’accosta per il trasporto verso il colore.
Sette {Yro0N Del Giambologna, i cui bronzi furon certo conosciuti dal Roc-
ligano di far a catagliata a Genova, sono nella sua opera pochi ricordi sporadici,
ono è Def- senza possibile importanza riguardo alla formazione artistica del
frati per carità maestro genovese. Piuttosto, qualche affinità può vedersi tra il ma-
o 1 Conviene tuttavia tener conto della dispersione di tutto il patrimonio artistico
genovese nel campo del bronzo e dell’oreficeria: sappiamo che Nicola Roccatagliata
ba fu richiamato a Genova, e possiamo pensare che al lungo silenzio dei carteggi veneziani
a suo riguardo, dal 22 aprile 1596 sino al 1633, corrisponda appunto la sua dimora
è “Me COL a in Genova, dimora di cui non rimase traccia nella città. Certo l’oreficeria genovese
ebbe sviluppo notevole, come può vedersi in un tondo d’argento di palazzo Spinola
(fig. 305), attribuito al Cellini, e invece forse tradotto da un disegno del Tavarone
nor due ai compositore della istoria. Squisito è l’ornamento dell’orlatura, tutto festoso di putti
Fia che ruzzolano tra le frutta rapite ai cornucopi dell’Estate e dell’Autunno. Al manie-
rismo genovese si allacciano anche le figure delle Ouattro Stagioni, entro cartelle a
svolazzi barocchetti. Il SoPRANI, nella Viia di Nicola Roccatagliata, attribuisce a
questo scultore i modelli dei bassorilievi per l’arca d’argento della Madonna del
Rosario, nella Chiesa di San Domenico, ora perduta, e « certa figurina di bronzo rap-
presentante Maria Vergine Nostra Signora, in atto di sedere col Bambino Gesù nel
ttura veneta srembo; quall’opera fu da quello Artefice fatta con molto giusta, e armonica propor-
EI tione. E doppo d’esser stata diligentemente rinettata da Simone suo figliolo fù collo-
«bocca, verso cata in una nicchia di marmo sopra la porta di una casa posta nella strada, che dalla
nuova Piazza dell’herbe dirittamente conduce alla porta di S. Andrea ». Il biografo
nomina inoltre, genericamente, una serie di figurette in bronzo sparse nelle case degli
amatori, e mostra di aver compreso il valor pittorico dell’arte di Nicolò, nell’affermare
«che modellando di cera adoperava con tal franchezza il solito stecco, che dalla rozza
massa di quella cavava in quattro colpi una testa, che appena abbozzata conteneva
quasi le perfettioni delle più diligenti, e ben finite... ».