Full text: La scultura del Cinquecento (10, Parte 3)

408 II. — SCULTURA LOMBARDA VERSO LA FINE DEL 500 
daglia di Paolo III, la coppa d’oro eseguita per Ferrante Gonzaga, 
della quale gli era giunta con la fama una descrizione esattissima. 
Al principio di quell’anno stesso, Leone aveva fatto un casco da 
parata per Pier Luigi Farnese, e s'adoprava a fabbricare in argento 
il ritratto della città di Piacenza. «La detta città », scrive, «sarà 
lunga più di tre braccia, et haverà il castello, alias Farnesiano, et 
vi saranno molti edifici... » Ma mentre faceva quelle gentilezze 
di orafo, ripiegava il pensiero entro di sè, e quasi con la fede di es- 
sere eccellente, anzi di meritare questo titolo datogli da Antonio 
Perrenot de Granvelle, scriveva: « comincio andar drito in su la via, 
a parlar grave et a fare immaginazioni de l’altro mondo, et di voler 
far colisei, colossi, mausolei, obelischi col diavolo et pegio ». Dal- 
l’arte dell’orafo, dall’intaglio in gemme, era passato naturalmente 
all’incisione dei conî per monete, e medaglie. Lo studio, per queste, 
di ritratti, specialmente quand’ebbe a ricavarle dai quadri di Ti- 
ziano, come nel caso della medaglia con la testa dell’imperatrice 
Isabella, lo spronò a modellar busti e statue; e a Venezia l’esempio 
di Jacopo Sansovino influì sulla sua arte di plastico. 
Leone Leoni medaglista, facendo ricorso all’incisione, non ebbe la 
morbidezza, la tenerezza, la bontà, l’ardire, del medaglista che 
getta dal modellato di creta o di cera: tutto sul disco è più in- 
ciso, determinato nei contorni, come se la medaglia fosse ricavata 
dall’intaglio in pietra fine, da gemmeo cammeo. Il ritratto di An- 
drea Doria, in una delle prime medaglie eseguite da Leone Leoni 
(fig. 321), è d’una finezza propria di gemma intagliata; si seguono 
nel volto perfino le vene turgide all’angolo dell’occhio, si scorge 
nella corazza l’anguicrinita Medusa, si notano i grani della collana 
del condottiero, presso cui spunta il minuscolo tridente di Net- 
tuno, e guizza, a segnar punto fermo, un delfinetto. Anche nel ro- 
vescio di questa medaglia, LIBERTAS PVBLICA, è scolpita una 
figurina lungo il diametro del piccolo clipeo, diritta, studiata da 
una moneta romana. 
La minuziosa ricerca del particolare vien meno in altre medaglie, 
prossime di tempo a quella di Andrea Doria, es. nelle medaglie di 
Paolo TIT (fig. 322), dell’'Aretino (fis. 323), di Tiziano (fig. 324), ove 
più fuso, più unito, è l’effetto dei ritratti nel diritto, mentre, nel ro- 
vescio, l’invenzione non ha chiarezza, quando non è imitazione del-
	        
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