I. — LEO NE LEONI E POMPEO LEONI 405
n il l’altro dell'imperatrice Isabella, studiato anche dal padre suo, ma
’ SA le l’ala che innalza le immagini tizianesche non lo sfiorò, contento come
I nitrati egli era di incidere con esattezza, di formar nella cera con ogni cura
lineamenti, caratteri. Il suo compasso visuale non fu molto aperto,
ma nel suo angolo fu giusto, penetrante, sincero. Dalle Fiandre alla
Spagna, il suo mondo non ebbe gran mutamento. Non s’accorse
delle opere del Berruguete, come lasciò svanire ogni influsso di Mi-
chelangelo, perchè ogni impeto, ogni movimento nella scultura non
fu per lui. Dall’arte spagnuola prende l’estofado e le dorature violente,
dalla scultura castigliana in legno la vivezza policromica, il gusto
per la realtà del costume, che portava a vestir meccanicamente le
statue e ad ornarle di gioielli. Egli si contenta di far inginocchiare i
Suoi personaggi, di congiungerne le mani, di stringerne le anime
nella preghiera.
VENTURI, Storia dell’ Arte Italiana, Xi, 3
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