104 TI. — ARCHITETTURA DEL CINQUECENTO
inquadrate sottilmente da linee come da tagli netti, esatti, finissiini.
Vi sono nel cortile varianti, secondo necessità: qua un rettangolo
ad incasso, là un arco elittico, sopra una finestra sormontata da
timpano triangolare, quasi a indicare che 1à s’apre la stanza che
ospita il padrone.
Tante opere minori del Bramante, o a lui attribuite, ci hanno
allontanato dall’anno 1503, quando Giulio II, salito al trono ponti-
ficio, suscitò tutta l’energia dell’architetto, allogandogli la fabbrica
del nuovo San Pietro. « Et tanto » scrive il Vasari nella prima edi-
zione, «gli era cresciuto l’animo vedendo le forze del Papa, et la
volontà sua di corrispondere allo ingegno et alla voglia, che esso
aveva; che sentendolo avere volontà di buttare in terra la Chiesa
di San Pietro per rifarla di nuovo, gli fece infiniti disegni. Ma fra
gli altri ne fece uno, che fu molto mirabile; dove egli mostrò quella
intelligenzia, che si poteva maggiore. Et così resoluto il Papa di dar
principio alla grandissima et terribilissima fabbrica di San Pietro;
ne fece rovinare la metà; et postovi mano che di bellezza, arte, in-
venzione, et ordine, così di grandezza, come di ricchezza, et d’orna-
mento avessi a passare tutte le fabbriche che erano state fatte in
quella Città dalla potenzia di quella Repubblica; et dall’arte et in-
gegno di tanti valorosi maestri, con la solita prestezza la fondò et
in gran parte innanzi alla morte del Papa et sua, la tirò alta fino a
la cornice, dove sono gli archi a tutti i quattro pilastri, et voltò
quegli con somma prestezza et arte ».
La ricostruzione di San Pietro fu divisata per mettere all’uni-
sono il monumento di Michelangiolo a Giulio II con la grande basi-
lica della Cristianità. Quando si pensò a costruire la cappella per il
sepolcro del pontefice, si comprese come non fosse possibile confor-
mare con la basilica il mausoleo, del quale Michelangelo aveva detto:
«Se si fa non ha la par cosa tutto il mondo ». L’idea gigante avrebbe
contrastato con quanto si era tributato nei secoli al sepolcro del
«maggior Piero». La cappella Giulia doveva sorgere colossale per
contenere statue di giganti, le Virtù trionfatrici dell’Errore, i Profeti,
eterni banditori della redenzione umana. Su quel popolo di statue
eroiche, su braccia titaniche, sull’architettura ciclopica, il Papa
doveva stendersi come un lucumone sopra un’arca etrusca. Tutta
quest’opera, che si sarebbe noverata con le Piramidi tra le meraviglie
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