466 1. — ARCHITETTURA DEL CINQUECENTO
Baldesar Peruzzi Sanese », e lo «intendente Girolamo Genga» e
« Giulio Romano vero allievo del divin Raffaello ».
Semplice, timido, amoroso negli studi dell’architettura, « de’
quali son tanto acceso e tanto mi dilettano, che in tal fatiche mi
godo », Sebastiano Serlio si dedica a insegnare, seguendo l’esempio
del Peruzzi, «a quelli che non sanno », affinchè « ciascuno possa haver
qualche cognition di quest’arte, che non è men dilettevole all’animo,
pensando a quel che si ha a fare, che ella si sia a gli occhi, quando
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Fig. 431 — $erlio: Disegno d’una loggia per «mercanti da negotiare » a Lione.
(Dal Serlio, libro VII).
ella e fatta ». Il grammatico fa tesoro di tutto quanto vede, e se esce
dalle regole dei buoni antichi e dei buoni moderni lo chiama licenzioso,
se il rustico circonda troppo una porta lo dice bestiale, « essendovi al-
cuni sassi fatti da natura, che han forma di bestia ». Il Serlio ci rappre-
senta l’arte nostra, che, giunta a grande fioritura, trova regole, norme,
che la Rinascita rende universali. L’architetto bolognese vide Roma
negli aurei giorni dell’architettura, lavorò a Venezia, ove Jacopo Sanso-
vino foggiava un nuovo stile, e dimorò in Francia, studiando i differenti
costumi dell’edificare, riuscendo a raccogliere gran copia di osservazioni
e di elementi per il suo prontuario architettonico. Tutta la vita del
buono e dell’umile pedagogo fu quella di raccoglitore e di seminatore.
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