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larga e carica, ossia ben differenziata di tono dalle regioni
circostanti. Ma a misura che la macchia si avvicina al centro,
gli scuri che la compongono verranno presentandosi sempre
più alla spicciolata, fino a raggiungere il massimo grado
di separazione allorché la macchia culmina. Questo sarebbe,
in un telescopio veramente adeguato allo studio di Marte,
ristante migliore per l’analisi della macchia, ma nel tele
scopio attuale è invece il momento in cui la macchia ap
pare maggiormente ridotta, o anche del tutto obliterata.
Separandosi, infatti, le particelle oscure dal nucleo della
macchia, tosto un’aureola di riflessi le circonda, riflessi che
emanano dagli intervalli chiari e raggiungono, naturalmente,
presso il centro la loro massima intensità. Fra le particelle
oscure della striscia culminante le interruzioni lucide si fan
dunque più energiche che neH’obliquità, onde la somma di
sensazioni che ha luogo lungi dal centro, in prossimità di
questo rimane impedita. Mancando così agli scuri più de
boli il vicendevole rinforzo, essi scompaiono. Ne tiriamo la
conseguenza che durante il passaggio dal lembo del disco
al centro, il nostro tronco di striscia andrà continuamente
spogliandosi di elementi, ed invece di presentarsi nella
culminazione più largo e più carico che nella obliquità,
mostrerà anzi il fenomeno contrario, quel medesimo che
dicemmo di aver osservato in tanti canali.
Esaminiamo ora il nostro tronco a diverse distanze. Nei
giorni di distanza minima supponiamo di aver visto di esso,
mentre culminava, un sottile lembo, costituito dalle parti-
celle più scure. Allorquando il pianeta si sarà allontanato,
ed avrà, poniamo, raddoppiata la sua distanza da noi, quel
lembo di striscia, senz’altre aggiunte, non potrebbe più fare
impressione sul nostro occhio, e sembrerebbeestinto; senonchè,
in virtù del l’allontanamento, si troveranno ravvicinati ad esso
altri elementi oscuri della striscia dall’uno e dall’altro lato,
e la linea d’ombra ne riceverà tale rinforzo da mantenersi
ancora visibile e sensibilmente inalterata. Se noi dunque
facciam l’ipotesi che i canali di Marte non siano altro che