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di aspetto, Ja lunghezza enorme, e soprattutto la figura ret
tilinea, che rende alcuni di essi assimilabili a linee fatte con
la riga. Ebbene, di tutte queste misteriose apparenze qual’è
la sostanza? Basta sostituire al binocolo il telescopio, per
veder svanire non soltanto l’uniformità e la dirittura delle
linee lunari, ma l’aspetto stesso di linee. Le quali si rivelano
allora per quel che sono, cioè null’altro che grossolani alli
neamenti di macchie eterogenee, sparse affatto casualmente,
lungo certe direzioni. Quelle, dunque, che nel binocolo sem
bravano le qualità più salienti e strane delle linee lunari,
voglio dire l’uniformità di larghezza e la figura retta, erano
pure illusioni prodotte dalla distanza.
Lasciando ora la Luna del binocolo, per tornare al Marte
telescopico, sembrerà forse ardito il supporre che le apparenze
regolari e l’uniformità geometrica dei fili tesi siano anche
esse pareggiamenti fittizi operati dall’occhio? 0 non sembra,
piuttosto, codesto modo d’interpretazione, il più plausibile,
come quello che viene suggerito dalla più naturale delle
analogie? Noi dunque riterremo che i « fili tesi » siano linee
condotte dall’occhio attraverso i residui del rischiaramento
delle fasce-madri. In tal modo cessano per noi i canali
d’essere categoria a parte fra le strisce di Marte. Là dove
l’occhio percepisce una linea retta, noi immaginiamo una
striscia, affatto analoga alle strisce più oscure, dette mari,
ossia un aggregato di macchie mal separabili nel telescopio
attuale, e raggruppate lungo una data linea. Tra le fasce-
madri e le altre strisce vi è una sola differenza, e riguarda
la densità di distribuzione, oppure l’intensità degli elementi
oscuri. Mentre in una fascia-madre gli scuri sono così par-
telescopi imperfetti. È notevole come il fenomeno reale delle strisce chiare
si mescoli, in tali figure, col fenomeno illusorio delle strisce oscure, dando
origine ad immagini assai bizzarre. Nella Luna il Fontana vedeva linee
lunghissime, che chiamava rivi o rivoli, dando il nome di fontes ai cra
teri verso cui le dette linee convergono. Il telescopio di Fontana non
sembra aver posto l’astronomo napoletano, rispetto alla Luna, in condi
zioni molto migliori di quelle in cui gli areografi odierni sono collocati,
rapporto a Marte, dai loro telescopi.
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