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il quale il telescopio odierno è incapace di discernere sopra
Marte le vere formazioni unitarie, fisicamente individue. I
canali non sono dunque unità fisiche, determinate oggetti
vamente di posto e dimensioni, e di cui occorra studiare,
come pur troppo si va facendo da anni, se siano piuttosto
correnti acquee o valli in vegetazione. I canali sono sem
plicemente linee di maggior ombra, che stanno a indicare
l’andamento di strisce maggiori. E queste ultime sono anche
esse lontane dal rappresentare unità fìsiche, come, ad esem
pio, mari. Non mancano, infatti, indizi che le grandi strisce
siano decomponibili in macchie minori e ne tenemmo di
corso a proposito del Mare delle Sirene e del Cimmerio
(§§ 67 e 70). Quand’anche però tali indizi mancassero, baste
rebbero le strisce che l’occhio nudo scorge sulla Luna, per
indurci a ritenere anche le strisce di Marte per complessi
sistemi di macchie, delle quali il telescopio d’oggi può solo
riconoscere secondo quali linee siano maggiormente accu
mulate.
Trasportiamoci ora col pensiero a quell’avvenire felice
dell’astronomia, in cui lo studio di Marte potrà essere fatto
per via fotografica, su lastre così sensibili da ritenere im
magini previamente ingrandite un migliaio di volte. Che
diventeranno allora i planisferi di Marte? Noi non lo sap
piamo, ma possiamo prevedere che le nostre linee non vi
figureranno. L’apparizione completa delle macchie, che, mal
viste nel telescopio attuale, danno luogo al fenomeno dei
canali, segnerà la scomparsa dei canali medesimi. L’areo-
grafo avvenire, studiando Marte macchia per macchia, sten
terà forse perfino a ritrovare quelle allineazioni che, percepite
come linee regolari ed uniformi, lian tanto ferita la fantasia
del nostro secolo.