DI EUDOSSO, DI CALLIPPO E DI AKISTOTEEE
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vi sia riuscito? Ma è certo che neppur di questo, coin’ è chiaro,
alcun di loro intraprese la dichiarazione per mezzo di ipotesi
prima di Autolico Pitaneo, il quale tuttavia non la potè dare ( r ):
intendo parlare del fatto, che gli astri sembrano qualche volta
a noi vicini, qualche volta lontani; ciò che per alcuni di essi
è evidente a prima vista. Perchè l’astro detto di Afrodite, e
quello detto di Marte, nel mezzo delle loro retrogradazioni ( 2 )
appaiono molte volte più luminosi, così che quello di Afrodite
nelle notti senza Luna fa proiettar ombra ai corpi. Ma anche
della Luna è facile vedere, eh’ ella non si trova sempre alla
medesima distanza da noi, perchè non appare sempre della
medesima grandezza a chi la considera paragonandola con un
altro oggetto. Ciò risulta anche da osservazioni fatte con istru-
menti, perchè occorre ora un disco (ni p, stavo v) di undici dita,
ora uno di dodici, collocato alla medesima distanza dall’ osser
vatore, per impedirne a questo la vista. Intorno a ciò dà testi
monianza, in favore delle cose dette, anche quanto accade in
occasione delle eclissi perfette (cioè centrali) del Sole, ed è
certo argomento della verità di quelle. Perchè, quando accade
che i centri del Sole e della Luna si dispongono in linea retta
colla nostra vista, non succedono sempre le medesime appa
renze; ma talora avviene, che il cono, che è circoscritto alla
Luna ed ha il vertice nel nostro occhio, è pure circoscritto
esattamente al Sole: altre volte il Sole rimane tutto occultato
(q Q ii intercalato si trova in ambe le edizioni stampate e nel latino
ancora quanto segue: 5q?„ol Sèi) x,QÒq ’AQiotóOqQòv ùutoù òiacpopa, cioè:
« è manifesta la sua differenza con Aristotele». Ambo i testi hanno vera
mente ’AoiotóOqQov., e identica lezione ha il M. S. di Simplicio, che esiste
nella Biblioteca dell’ Università di Torino. Questa glosa, la quale inter
rompe il senso e non ha qui nulla che fare, fu da noi omessa.
Poscritto, — Dopo tre anni mi è riuscito di chiarire questo punto. Il
passo non è un’aggiunta posteriore, come io credeva, ma può benissimo
rimanere nel testo. Io ho trovato che è esistito realmente un personaggio
di nome ’Aqiotó0t)QOS. Egli fu contemporaneo di Autolico (circa 300 a. C.),
fu matematico come lui ed ebbe a scolaro il celebre poeta A ra to. (Vedi la
biografìa di Arato nell’edizione degli scritti di Arato fatta dal Buhle,
Leipzig, 1793, voi. I, p. 4). Dunque ciò di cui parla Sosigene non è altro,
che una disputatio Autolyci contra Aristotherum, dove verosimilmente
Autolico esponeva le proprie idee sul moto dei pianeti, ed alla quale, come
a cosa nota, Sosigene si riferisce.
(-) jtpoqyqoeK;, progressioni in avanti, cioè in antecedentia o verso
occidente, che equivale alle retrogradazioni. Veramente la massima luce
di Venere non succede nel mezzo delle sue retrogradazioni.