CONSIDERAZIONI
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nori di quelli attribuiti al Cane. Già i passi addotti qui sopra
ne porgono un saggio: altri diversi se ne potrebbero recar in
proposito, fra i quali scelgo uno solo (lib. II, c. 40): Caniculae
exortu accendi Solis vapores quis ignorai, cuius sideris effectus
amplissimi in terra sentilintur ? fervent maria exoriente eo, fino-
tnant in cellis vina, moventur stagna etc.
Quantunque in molti luoghi della sua grand’opera Plinio
si mostri bene informato degli effetti analoghi del Cane o di
Sirio sopra i più disparati fenomeni della natura, egli non
sembra aver il più leggero sospetto che l’uno o l’altro potesse
da altri al suo tempo esser considerato come 1’ equivalente
della Canicola. Il Cane maggiore ed il minore, Sirio e la Ca-
nicula sono per lui ambedue apportatori di grande calore, di
siccità, e sopratutto di calamità diverse.
3. Di questo medesimo parere sembra sia stato anche Ci
cerone, il quale di Procione dice nella sua versione di Arato (*):
.... Procyon qui se se fervidus infert
Ante Canem ....
applicando così a Procione la medesima denominazione di
fervidus, data poco più sotto al Cane ( 2 ):
Fervidus die Canis loto chiù carpare cedit,
11 testo d’Arato nulla ha per Procione, che corrisponda a
fervidus : perciò sembra plausibile credere, che per Cicerone
l’uno e l’altro Cane, avessero influenze di natura analoga sul
l’accrescimento dei calori estivi: essi apparivano infatti al
mattino a pochi giorni d’ intervallo. Ma quello che per Cice
rone è solamente probabile, è certissimo per Orazio, il quale
nell’ode 29 a del libro III scrive sul ritornar della state:
.... lain Procyon furit,
Et stella vesani Leoni s,
Sole dies referente siccos.
scritto la notizia da un autore latino uso a riguardare Sirio e Canicola
come sinonimi (quale fu Columella per esempio), senza verificare il signi
ficato preciso attribuito da quello al vocabolo Canicula, che per lui, Plinio,
senza dubbio anche questa volta significava Procione. Nè è questo l’unico
abbaglio di tal natura in Plinio; e basti per ora avervi accennato,
p) Buhle, Aratea, voi. II, p. 24.
( 2 ) Ibidem, p. 27.