Full text: Scritti editi (Parte 1, Tomo 2)

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RUBRA CANICULA 
Y. SIRIO E MARTE. 
L’intensità luminosa di Sirio è certamente comparabile a 
quella di Marte e tale pure abbiamo ragione di credere fosse 
all’epoca delle testimonianze che stiamo discutendo. Se il color 
rosso dei due fosse stato pure egualmente manifesto, sembra 
che le allusioni al rosseggiare di Sirio presso gli antichi scrit 
tori dovrebbero esser altrettanto frequenti, che per il rosseg 
giare di Marte. La verità è che per Sirio non abbiamo indizi 
degni di qualche considerazione fuorché presso Tolomeo, Orazio 
e Seneca, dei quali il valore è stato discusso; mentre per 
Marte tali indicazioni sono assai più numerose, e sopratutto 
più evidenti. 
Già il nome stesso di Jtiipóeic;, infocato , che davano al pia 
neta i Greci prima che si applicassero ad esso denominazioni 
tratte dalla mitologia religiosa, indica abbastanza il suo colore. 
Nella letteratura dei vecchi Rabbini esso ò designato col nome 
di Maadin, rosso come sangue ( 1 ). I nomi sanscriti di Angaraka 
(angara , carbone ardente) e di Lohitanga (lohita , rosso) sono 
egualmente significativi ( 2 ). Il nome della stella rossa, che sta 
nel cuore dello Scorpione, era presso i Greci dvTdoqc;, che 
indica il contrapposto o il parallelo di Marte. Come non fu 
applicato questo nome invece a Sirio, che in splendore è tanto 
più comparabile a Marte? Platone descrivendo le sfere plane 
tarie sul fine del libro X della Repubblica allude al color rosso 
di Marte in modo non equivoco. Il rosseggiare di questo pia 
neta risulta pure da un passo dell’ opera astronomica di Cleo- 
mede ( 3 ), dove afferma che il cuore dello Scorpione (Antares) 
e la lucida delle Hyadi (Aldebarano) sono simili a Marte nel 
colore, mentre di Sirio si tace affatto. Benché negativo è questo 
un argomento di molta forza. Plinio ha notizie ugualmente 
lelo il’Alessandria. La data del :25 Epiphi convien dunque benissimo al 
parallelo del medio Egitto. Questa data non si .spostava allora che di una 
quantità insensibile per effetto della precessione equinoziale, e si può ri 
tenere come affatto costante nell’intervallo qui considerato da Augusto 
a Teodosio. 
(Q Riccioli, Almagestnm Novum, I, p. 180. 
( 2 ) Humboldt, Cosmos, ed. francese di Milano, voi. Ili, p. 5^7. 
( 3 ) Cleomedis, Ciclica Tbeoria corporum ccelestiiim, libro II, c. 11.
	        
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