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RUBRA CANICULA
In tutti e tre questi passi si fa comparazione dello splen
dore di Sirio col luccicar delle armi di un guerriero, il quale
nel primo caso è Diomede, nel secondo Ettore, nel terzo Achille;
tutti e tre in atto di combattere о di prepararsi al combatti
mento. Or qual è la ragione, per cui qui s’ introduce Sirio
piuttosto che un’altra stella? Il dott. See crede di trovarla nel
colore della stella, il quale sarebbe stato simile a quello delle
armi luccicanti, simile cioè a quello del yah/.óg, che il See tra
duce per rame. La ripetuta menzione del Jtbq nel primo dei
tre passi accennati è per lui argomento incontrastabile che il
colore della stella fosse rosso come fuoco, fierxj red.
Questo ravvicinamento è certo assai ingegnoso; ma è per
messo dubitare che il poeta l’avesse sott’occhio nello scrivere
quei versi. Il chiaro nostro collega prof. Francesco Cipolla, il
quale si è interessato vivamente a questi miei studi, mi scrive
su tale proposito con competenza ben maggiore di quella che
io potrei avere in simile materia: « Quello che spiccava nel-
l’astro, era lo splendore, non altro. Diomede si distingueva
fra tutti gli Argivi: 8xSt]Xov perù Jtàoiv ’Apyeioiou (II. Y, 2-3),
appunto come Sirio si distingue per la sua luce tra Г altre
stelle, come è detto in II. XXII, 27: dpfQjÀoi 5é ol aijyui cpui-
vovtui atoMoTai per’ dar pani. L’immagine del fuoco non credo
che accenni punto a colore rosso : si parla di fuoco che arde,
лир Sulev ; fuoco inestinguibile , axdpocov jtùp. Disonnila il poeta
guarda allo splendore iìammeggiante e non al colore. E il
tremolìo del Monti è felice interpretazione. Aggiungo : Яирзтрод
è aggettivo applicato da Omero anche al Sole (p. e. II. I, 605),
e spesso alle armature. Or bene questo ci mostra che il nucleo,
a cosi dire, del paragone tra Sirio e 1’ armatura di Diomede
era il Àupjtqóv, che non accennava a colore , ma a splendore, e
se mai, a splendore candido. Così dicasi del Яирл;р<)што<; di
II. XXII, 30 ». Rispetto al colore delle armature il Cipolla
scrive: « Io credo che il yythiòg delle armature non fosse il
rame ma il bronzo. Oli studii linguistici, archeologici, filologici
concorrono, per quanto a me pare, a provar questo assunto ;
di che io ho parlato nel mio scritto Dei prischi Latini e dei
loro usi e costumi, inserito nella Divista di filologia e d’istru
zione classica di Torino ( 1 ). Lo scritto è vecchio, ma non credo
di dover cambiare quello che allora ho detto ».
(') Anno VII, fase. I e 11, luglio-agosto 1878, pp. 6 e segg.