240
SUI PARAPEGrMI O CALENDARI
gatori fenici, i quali non avevano ancora perduto allora il
loro commercio dell’ arcipelago greco. A detta dello stesso
Omero il porto di Svros era frequentato dalle navi di Sidone.
Erodoto afferma nel libro secondo delle sue Storie, che i Greci
ricevettero da Babilonia l’uso del gnomone e dei quadranti
solari. E dobbiamo credere che da Babilonia pure venisse il
celebre quadrante solare, che secondo la Bibbia esisteva nella
reggia di Achaz Re di Giuda (730 av. Or.).
Sarebbe tuttavia un errore il dedurre da questo passo di
Omero, che 1’ uso di simili gnonomi od eliotropi fosse molto
divulgato in Grecia ai tempi del poeta. La menzione speciale
eli’ egli ne fa, come di una particolarità notabile e caratteristica
dell’isola di Syros dimostra che esso era una cosa rara, anzi
unica in Grecia. L’osservazione dei solstizi non è poi cosa
facile a far bene con un apparato di piccola dimensione e da
persone non bene istrutte in questa bisogna. Nelle epoche
solstiziali il Sole cambia la sua declinazione con tale lentezza,
che all’osservatore non munito di strumenti sembra percorrere
per molti giorni lo stesso parallelo; l’ombra dei gnomoni
resta per più settimane quasi invariata. « Avvicinandosi il
Sole ai tropici (scriveva Polibio istorico nella sua opera per
duta Delle abitazioni sotto l’equatore) od allontanandosi da essi,
il Sole rimane sempre loro vicinissimo, e la lunghezza del dì
e della notte non varia quasi affatto per lo spazio di quaranta
giorni ». Una indeterminazione di quaranta giorni è cosa grave,
anche trattandosi di agricoltura e di navigazione. Ciò malgrado,
già nel poemetto d’ Esiodo (800 av. C.), intitolato Opere e giorni,
troviamo usati i solstizi come base a regole del calendario
rustico e nautico. Questo ci porta a credere, che la determi
nazione di quei punti fondamentali dell’anno non fosse abban
donata alla stima degli agricoltori, ma si eseguisse in qualche
luogo e quasi offìcialmente con una certa esattezza e regolarità.
Lo stesso dobbiamo concludere dal fatto, che già in quel tempo
appaiono le lune, o mesi, con nomi speciali e con posizione
abbastanza stabile rispetto alle stagioni dell’ anno. Esiodo nel
citato poema (verso 502) nomina il mese Leneo come quello
contrassegnato dal massimo freddo e dalle peggiori intemperie.
Già dunque allora, come più tardi, si usava combinare in un
anno ora 12, ora 13 lune intiere, in modo che alle lune od ai
mesi del medesimo nome corrispondesse sempre all’ ingrosso
la medesima stagione. Quest’intercalazione della 13 a luna si