Full text: Scritti editi (Parte 1, Tomo 2)

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SUI PARAPEGrMI O CALENDARI 
gatori fenici, i quali non avevano ancora perduto allora il 
loro commercio dell’ arcipelago greco. A detta dello stesso 
Omero il porto di Svros era frequentato dalle navi di Sidone. 
Erodoto afferma nel libro secondo delle sue Storie, che i Greci 
ricevettero da Babilonia l’uso del gnomone e dei quadranti 
solari. E dobbiamo credere che da Babilonia pure venisse il 
celebre quadrante solare, che secondo la Bibbia esisteva nella 
reggia di Achaz Re di Giuda (730 av. Or.). 
Sarebbe tuttavia un errore il dedurre da questo passo di 
Omero, che 1’ uso di simili gnonomi od eliotropi fosse molto 
divulgato in Grecia ai tempi del poeta. La menzione speciale 
eli’ egli ne fa, come di una particolarità notabile e caratteristica 
dell’isola di Syros dimostra che esso era una cosa rara, anzi 
unica in Grecia. L’osservazione dei solstizi non è poi cosa 
facile a far bene con un apparato di piccola dimensione e da 
persone non bene istrutte in questa bisogna. Nelle epoche 
solstiziali il Sole cambia la sua declinazione con tale lentezza, 
che all’osservatore non munito di strumenti sembra percorrere 
per molti giorni lo stesso parallelo; l’ombra dei gnomoni 
resta per più settimane quasi invariata. « Avvicinandosi il 
Sole ai tropici (scriveva Polibio istorico nella sua opera per 
duta Delle abitazioni sotto l’equatore) od allontanandosi da essi, 
il Sole rimane sempre loro vicinissimo, e la lunghezza del dì 
e della notte non varia quasi affatto per lo spazio di quaranta 
giorni ». Una indeterminazione di quaranta giorni è cosa grave, 
anche trattandosi di agricoltura e di navigazione. Ciò malgrado, 
già nel poemetto d’ Esiodo (800 av. C.), intitolato Opere e giorni, 
troviamo usati i solstizi come base a regole del calendario 
rustico e nautico. Questo ci porta a credere, che la determi 
nazione di quei punti fondamentali dell’anno non fosse abban 
donata alla stima degli agricoltori, ma si eseguisse in qualche 
luogo e quasi offìcialmente con una certa esattezza e regolarità. 
Lo stesso dobbiamo concludere dal fatto, che già in quel tempo 
appaiono le lune, o mesi, con nomi speciali e con posizione 
abbastanza stabile rispetto alle stagioni dell’ anno. Esiodo nel 
citato poema (verso 502) nomina il mese Leneo come quello 
contrassegnato dal massimo freddo e dalle peggiori intemperie. 
Già dunque allora, come più tardi, si usava combinare in un 
anno ora 12, ora 13 lune intiere, in modo che alle lune od ai 
mesi del medesimo nome corrispondesse sempre all’ ingrosso 
la medesima stagione. Quest’intercalazione della 13 a luna si
	        
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