Full text: Marte nel 1896-97

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tal modo, rinunziare all’osservazione di taluna fra le mac 
chie più minute, non sfuggita alla maggiore acutezza di 
altri osservatori, e che anch’io avrei, forse, vista, se ne 
avessi appresa dalle carte resistenza. Ma non reputo ciò un 
male. Anzi dirò che il mio pensiero costante fu non già di 
scorgere quante più macchie potessi, bensì di analizzare nel 
miglior modo la percezione delle macchie principali. Che 
queste, infatti, siano ancora decomponibili e che a torto le si 
considererebbero come formate d’un sol pezzo, risulta dalla se 
guente riflessione. Allorché Marte si trova nella sua migliore 
visibilità, la sua distanza da noi non è meno di 146 volte 
la distanza della Luna. Supponiamo di poter allora studiare 
il pianeta in un telescopio che amplifichi 600 volte, limite 
massimo, oltre il quale l’esperienza mostra che non si può 
ancora andare. In virtù di quest’amplificazione la distanza 
del pianeta sembrerà ridotta a ossia 4 * circa della di- 
600 4 
stanza della Luna. Guardar dunque Marte nei più potenti 
telescopi d’oggi è come guardar la Luna in un modesto 
binocolo da marina, che ingrandisce quattro volte. Ciò sup 
pone, per altro, che l’aria sia perfettamente calma, giacché 
sappiamo che la confusione delle immagini, originata dal 
l’agitazione atmosferica, cresce con l’ingrandimento e con 
la superficie della lente obiettiva. Nel binocolo la confusione 
è affatto insensibile e l’immagine della Luna vi gode tutta 
la desiderabile tranquillità: nel telescopio, invece, la confu 
sione tocca presto il massimo, ed è fàcile persuadersene se 
si riflette in quante poche notti serene lo studio di Marte è 
possibile. Basta un po’ d’aria mossa per cancellare dal pia 
neta tutto ciò che vi è di discernibile. E siccome l’aria per 
fettamente tranquilla è una rara eccezione, segue che in 
generale Pesame di Marte nel telescopio è assai più diffi 
cile di quello della Luna nel binocolo da marina. Ciò si rife 
risce a quelle epoche privilegiate in cui la distanza del 
pianeta è minima, ossia alle «grandi opposizioni». Nelle 
opposizioni comuni le circostanze del nostro studio si fanno
	        
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